La frattura del calcagno rappresenta circa il 2% di tutte le fratture ed è la più comune tra tutte le fratture delle ossa tarsali (del piede). Il calcagno è l’osso più grande del piede, situato nella zona del tallone, e ha la funzione di sostenere il corpo, fungendo anche da inserzione del tendine d’Achille. Queste fratture influenzano significativamente le attività quotidiane dei soggetti e condizionano negativamente la loro qualità di vita. Inoltre, tale lesione ha un impatto economico negativo, poiché l’assenza dal lavoro può raggiungere anche il periodo di un anno. Causano dolore e disabilità anche a lungo termine e spesso i soggetti presentano difficoltà a recuperare i livelli di attività lavorative e sportive precedenti alla lesione. Le cause della frattura del calcagno sono collegate ad un trauma, come ad esempio una caduta da altezza elevata o durante lo svolgimento di un’attività sportiva. Coinvolgono infatti principalmente soggetti che svolgono lavori in cui vengono utilizzate scale o impalcature (per esempio, operai edili). Tali fratture possono essere suddivise in due categorie generali: intraarticolari (75% dei casi), più complicate e gravi con conseguenze più serie e durature ed extraarticolari (25% dei casi) che non coinvolgono l' articolazione sottoastragalica e sono meno complesse rispetto alle precedenti. Le fratture del calcagno presentano lesioni associate in circa il 40% dei casi. Tra le più frequenti troviamo: fratture della colonna vertebrale (10-20%), fratture del calcagno bilaterali (7-10%), frattura dell’astragalo, frattura della tibia o altre ossa dell’arto inferiore. Potrebbero anche presentarsi delle complicanze come la necrosi avascolare, l’artrosi post-traumatica precoce, mobilità articolare compromessa, errata consolidazione, non unione, infezione, necrosi dei tessuti molli e le deformità in varo che portano a risultati non ottimali a lungo termine.
Anatomia
Il calcagno è il più grande tra le ossa che compongono il piede (tarso), si trova nella zona posteriore (tallone) e si articola con due ossa:
- con l'astragalo, formando l'articolazione sottoastragalica
- con il cuboide, formando l'articolazione calcaneo-cuboidea
Sono numerosi i legamenti e i muscoli che si inseriscono al calcagno, come il tendine d'Achille nella sua zona posteriore e la fascia plantare inferiormente e medialmente, che svolgono un ruolo fondamentale nella stabilità e nei movimenti del piede.
Epidemiologia
La frattura del calcagno è la frattura del piede più comune e rappresenta il 2% di tutte le fratture. Un uomo adulto in età lavorativa rappresenta il paziente tipico, infatti il sesso maschile è colpito 2,4 volte di più rispetto alle donne. L'incidenza delle fratture del calcagno negli uomini aumenta durante la seconda e la terza decade di vita e raggiunge picchi nella fascia di età compresa tra 35 e 39 anni, per poi diminuire. Nelle donne, invece, raggiunge il picco nella fascia di età tra i 60 e i 64 anni: questo potrebbe essere dovuto, presumibilmente, alla presenza di osteoporosi durante questo periodo di vita. L’incidenza varia tra 10,5 e 13,7 casi ogni 100.000 persone all’anno ed è più elevata nei paesi in via di sviluppo. Circa il 25% dei pazienti non è in grado di tornare al proprio lavoro entro un anno dalla frattura del calcagno anche a causa delle complicanze postoperatorie e il periodo medio di assenza da lavoro è stato riportato di 260,5 giorni. Per questo motivo tali fratture sono molto importanti dal punto di vista clinico. Inoltre, il coinvolgimento di entrambi i talloni risulta essere inferiore al 10%.
Per quanto riguarda i bambini, nell’età compresa tra 8 e 14 anni, il 60% delle fratture è extra-articolare; mentre nei bambini di età inferiore ai 7 anni, oltre il 90% delle fratture al calcagno è extra-articolare.
Eziologia
La causa della frattura del calcagno è un trauma dovuto principalmente ad una caduta da un'altezza abbastanza importante, spesso da un’impalcatura o da una scala, oppure come conseguenza di un incidente stradale in cui, il tipico meccanismo di lesione (in circa il 60% dei casi) è un carico assiale sul tallone. Raramente si verifica per una frattura da stress, dovuta ad un uso eccessivo o ripetitivo come ad esempio la corsa, o dopo una distorsione di caviglia. Poiché le fratture del calcagno derivano da traumi ad alta energia, i pazienti hanno spesso altre lesioni concomitanti come una frattura del bacino, frattura di altre ossa del piede, lesione dei tessuti molli (muscoli, tendini, legamenti), ecc.
Classificazione
Nel corso degli anni si sono susseguiti diversi sistemi di classificazione della frattura del calcagno che si sono evoluti da quando Malgaine li ha descritti per la prima volta nel 1843, il quale distinse due tipi di meccanismi di frattura: una lesione da avulsione derivante da una trazione muscolare e una lesione da schiacciamento.
In seguito, nel 1931, Bohler propose due gruppi principali di fratture: intraarticolare ed extraarticolare. Nel 1952, Essex-Lopresti propose un’ulteriore classificazione delle fratture intraarticolari in due tipologie e successivamente, nel 1975, Soeur e Remy definirono una nuova classificazione, la quale si basava sull'entità del coinvolgimento articolare delle faccette posteriori.
Infine, nel 1993, Sanders ha descritto un sistema di classificazione basato sul numero e sulla posizione dei frammenti di frattura articolare osservati su immagini TC. Il sistema di classificazione di Sanders è diventato un punto di riferimento per comprendere le fratture del calcagno, la pianificazione preoperatoria e la previsione della prognosi del paziente.
L’autore suddivide le fratture intraarticolari in:
- Fratture di tipo I: è presente un solo frammento osseo non spostato o con uno spostamento minimo (<2 mm).
- Fratture di tipo II: vi sono due frammenti ossei che coinvolgono la faccetta posteriore con una sola linea di frattura. Suddiviso in tipi A, B e C a seconda della posizione laterale, centrale o mediale della linea di frattura.
- Fratture di tipo III : con tre frammenti ossei e due linee di frattura. Suddiviso in tipi AB, AC e BC, a seconda della posizione delle linee di frattura .
- Fratture di tipo IV : 4 frammenti ossei sminuzzati con tre linee di frattura.
Le fratture extra-articolari, invece, sono fratture che non coinvolgono la faccetta posteriore dell’articolazione sottoastragalica e rappresentano il 25% delle fratture del tallone.
Caratteristiche e Sintomi
La frattura del calcagno presentano segni e sintomi caratteristici che permettono di individuare la presenza di una lesione. Solitamente i pazienti con questo tipo di frattura riferiscono:
- Presenza di un trauma
- Dolore improvviso al tallone, soprattutto durante la pressione
- Gonfiore nella zona coinvolta
- Ecchimosi (livido) al tallone e alla caviglia che può estendersi alla pianta del piede
- Nei casi di frattura da stress il dolore generalizzato al tallone insorge lentamente, nel corso di diversi giorni
- Dolore e limitazione durante movimenti
- Deformazione del tallone
- Difficoltà o incapacità di sopportare il carico del proprio corpo
- Difficoltà a camminare
Diagnosi differenziale
La frattura del calcagno deve essere distinta da altre patologie che potrebbero avere segni e sintomi simili. Questo è necessario per evitare una diagnosi ritardata e per iniziare il trattamento più efficace e adeguato nel minor tempo possibile. Tra le varie patologie è possibile individuare:
- Fascite plantare
- Tendinite achillea
- Frattura astragalo
- Frattura malleolo
- Artrite reumatoide
- Borsite retrocalcaneale
- Sindrome del tunnel tarsale
- Distorsione di caviglia
- Rottura del tendine d’Achille
Imaging
Quando vi è una sospetta frattura del calcagno, il primo metodo di indagine strumentale è la radiografia (RX) attraverso cui è possibili individuare la linea di frattura. Per un’ulteriore analisi della frattura, per comprendere meglio il tipo di classificazione e per programmare nel migliore dei modi l’intervento chirurgico è possibile utilizzare anche la TC.
Trattamento
Il trattamento della frattura del calcagno può essere sia di tipo conservativo che chirurgico. Prendendo in considerazione la classificazione di Sanders, il trattamento di tipo conservativo è particolarmente indicato per la frattura di tipo I e per le fratture extraarticolari che non presentano uno spostamento significativo.
In questi casi, l’arto del paziente viene immobilizzato con un gesso o tutore, secondo tempi e modalità determinati dall’ortopedico. Il soggetto verrà poi richiamato per una visita di controllo in cui verrà effettuata anche una nuova radiografia al fine di accertare l’avvenuta consolidazione della frattura al calcagno. Nel caso di risposta positiva, verrà tolto il gesso e al paziente sarà concesso, nelle fasi iniziali, un carico parziale sull’arto interessato, che aumenta gradualmente fino ad arrivare alla possibilità di un carico totale. In questa fase sarà necessaria una riabilitazione fisioterapica al fine di recuperare l’articolarità di tutto il piede, la forza muscolare, la stabilità, la propriocezione e l’equilibrio. Inoltre, il fisioterapista aiuterà il paziente nella gestione ottimale del dolore e del gonfiore associati. L’applicazione di impacchi di ghiaccio può essere un utile strumento nelle prime fasi.
Il trattamento chirurgico viene indicato nei casi in cui siano presenti fratture del calcagno intra-articolari che coinvolgono la faccetta posteriore con uno spostamento superiore a 2 mm, fratture/lussazioni e fratture con un coinvolgimento di oltre il 25% dell'articolazione calcaneocuboidea.
Solitamente il chirurgo ortopedico mira a trattare le fratture del calcagno quando sono considerate gravi, per accelerare il recupero e ridurre il dolore e la deformità. Possono essere utilizzate placche, viti e/o fili sulla base del tipo di frattura e in base alle decisioni del chirurgo che esegue l’operazione. A seguito dell'intervento chirurgico viene consigliato un periodo di circa sei settimane senza carico sull’arto interessato, seguite da sei settimane di carico parziale e un percorso di riabilitazione post-chirurgica.
L’intervento chirurgico potrebbe anche portare a delle complicazioni come persistenza del dolore, errata o non unione della frattura, infezioni, artrosi post-traumatica o lesioni del nervo surale. In generale i tempi di recupero sono piuttosto lunghi arrivando anche a due anni. Potrebbero inoltre, esserci alcuni casi in cui le attività lavorative e sportive non tornano ai livelli pre-lesione.
MESSAGGIO
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