La frattura del capitello radiale è una delle fratture più comuni che coinvolgono il gomito, rappresentando circa il 20-30% delle fratture che interessano tale distretto. Queste fratture possono causare importanti limitazioni funzionali, soprattutto nei movimenti di flesso-estensione e prono-supinazione del gomito e portare a conseguenze negative all’articolazione determinando instabilità in quanto il capitello radiale è un importante stabilizzatore secondario del gomito. La gravità di queste lesioni può variare da fratture minimamente spostate che richiedono un trattamento conservativo, a quelle con dislocazione o causate da un grave trauma che richiedono un intervento chirurgico. Quando è presente una frattura del capitello radiale, vi è un’elevata probabilità di lesioni associate che varia sulla base della gravità della lesione: sono circa il 20% nelle fratture non spostate e arrivano a circa l’80% nelle fratture sminuzzate. L'età media della lesione nei pazienti di sesso maschile è significativamente più bassa rispetto alle pazienti di sesso femminile. Inoltre, mentre negli uomini tale frattura è causata da attività ad elevata energia come cadute, incidenti in moto o durante lo sport come nello scii o nel calcio, nelle donne invece può avvenire a seguito di traumi di entità minore, come per esempio una caduta a bassa energia. La lesione del capitello radiale è caratterizzata da diversi segni e sintomi come impotenza funzionale, dolore, limitazione dei movimenti del gomito e il trattamento può essere o di tipo conservativo (con immobilizzazione dell’articolazione e fisioterapia) o di tipo chirurgico (seguito da un percorso di riabilitazione fisioterapica) a seconda della tipologia di lesione.
Epidemiologia
Le fratture del capitello radiale sono le lesioni più comuni che colpiscono l’articolazione del gomito e rappresentano circa il 2-5% di tutte le fratture generali. L'incidenza di queste fratture varia da 25 a 30 casi ogni 100.000 adulti. Circa l'85% di queste fratture si verificano in soggetti giovani e fisicamente attivi, di età compresa tra 20 e 60 anni e possono essere isolate o far parte di una lesione più estesa del gomito che coinvolge altre strutture.
L'età media della lesione nei pazienti di sesso maschile è significativamente più bassa rispetto alle pazienti di sesso femminile. Infatti, nel sesso maschile l’età varia dai 30 ai 40 anni e solitamente la frattura è dovuta ad attività ad elevata energia come cadute, incidenti in moto o durante lo sport. Nelle donne invece, il numero di fratture del capitello radiale è significativamente maggiore rispetto al sesso maschile quando il soggetto supera i 50 anni. Solitamente nel sesso femminile tale lesione può avvenire a seguito di traumi di entità minore, come per esempio una caduta a bassa energia.
Inoltre in molti dei soggetti che subiscono queste fratture sono presenti anche altre lesioni concomitanti come frattura dell’olecrano, frattura del processo coronoideo con lussazione del gomito (considerata la “terribile triade”), frattura distale dell’omero, lesione dei legamenti collaterali mediale e laterale e lesioni ai vasi sanguigni e nervi.
Eziologia
Le cause di una frattura del capitello radiale possono essere diverse e comunque sempre derivanti da un trauma diretto o indiretto. Tra le più comuni è possibile individuare: una caduta da posizione eretta (69%), un trauma durante lo svolgimento di uno sport (20%), una caduta dalle scale (4%), una caduta da un’altezza elevata (3%), un colpo diretto (2%) e un incidente stradale come ad esempio in auto o in moto (2%). Nelle pazienti di sesso femminile la causa di frattura è principalmente una caduta dalla posizione eretta, mentre nei pazienti di sesso maschile è più comune una lesione a seguito dello svolgimento di un’attività particolarmente energica ad esempio durante la pratica sportiva.
Il meccanismo traumatico generalmente viene osservato nei soggetti che durante una caduta tentano di ripararsi dall’impatto poggiando la mano al suolo con il gomito leggermente flesso, trauma simile alla frattura dello scafoide.
Classificazione
Il sistema di classificazione Mason è il più comunemente utilizzato nella pratica clinica ortopedica per descrivere le fratture del capitello radiale. In tale suddivisione vengono distinte tre diverse tipologie di fratture:
- Tipo I: fratture non sostituite o composte
- Tipo II: fratture scomposte con un solo frammento oppure fratture del collo del capitello
- Tipo III: fratture pluriframmentaria
- Successivamente Johnston ha modificato la classificazione Mason aggiungendo un quarto tipo, definito come una frattura del capitelloradiale con una lussazione del gomito associata
Broberg e Morrey hanno ulteriormente modificato la classificazione Mason definendo la quantità di spostamento della frattura:
- Una frattura di tipo I ha uno spostamento inferiore a 2 mm.
- Una frattura di tipo II ha uno spostamento di 2 mm o più e/o coinvolge il 30% o più della superficie articolare.
- Una frattura di tipo III è una frattura sminuzzata
- Una frattura di tipo IV è uno dei tipi precedentemente menzionati con una lussazione concomitante del gomito
Caratteristiche e Sintomi
Quando è presente una frattura del capitello radiale è necessario porre attenzione ai sintomi riportati dal paziente. Tale tipo di frattura può essere caratterizzata da:
- Presenza di un trauma
- Impotenza funzionale
- Dolore localizzato alla regione laterale del gomito che si accentua durante i movimenti
- Ematoma
- Possibile deformità del gomito
- Palpazione dolorosa
- Limitazione della flessione del gomito attiva e passiva
- Rigidità del gomito
- Possibile dolore a riposo in alcuni casi più gravi
È fondamentale ottenere un'anamnesi completa che includa l'età del paziente, l'occupazione, l’arto dominante, la data della lesione, la localizzazione del dolore, la storia di lussazione o instabilità e il meccanismo della frattura al fine di determinare le lesioni associate e le opzioni di trattamento.
Inoltre, durante l’esame clinico potrebbe risultare di fondamentale importanza un confronto con l’arto controlaterale al fine di rilevare eventuali differenze.
Diagnosi differenziale
È fondamentale un accurato esame fisico al fine di distinguere la presenza di una frattura del capitello radiale da altre condizioni che potrebbero presentare segni e sintomi simili. Tra queste è possibile individuare, ad esempio:
- Frattura dell'olecrano
- Frattura distale dell’omero
- Frattura del processo coronoideo
- Frattura dell'ulna
Imaging
Per la diagnosi della frattura del capitello radiale possono essere usati diversi esami strumentali con obiettivi diversi. Tra questi:
- Radiografia: è il primo metodo d’indagine che viene utilizzato dopo il trauma subito dal paziente al fine di individuare il tipo di frattura. Questa viene inoltre eseguita dopo il periodo di immobilizzazione dell’arto per osservare i progressi della guarigione. Svolta anche nell’arto controlaterale a quello coinvolto aiuta ad analizzare la normale anatomia del paziente.
- TC: viene utilizzata per approfondire l’analisi della frattura e ottenere maggiori informazioni circa la lesione o quando questa non è visibile attraverso la radiografia iniziale. Aiuta, inoltre, ad individuare l’eventuale presenza di lesioni associate e a facilitare il processo decisionale relativo all’intervento chirurgico da utilizzare.
- Risonanza Magnetica: utile per rilevare lo stato dei tessuti molli ed eventuali anomalie associate di questi (per esempio ai muscoli o ai legamenti)
Trattamento
Il trattamento delle fratture del capitello radiale può essere sia di tipo conservativo che chirurgico, deciso sulla base della tipologia della frattura, delle lesioni associate e scelto dal medico ortopedico.
Il trattamento di tipo conservativo solitamente viene consigliato per una frattura di Tipo I che sono fratture composte o minimamente spostate (<2 mm secondo la classificazione di Mason). Questo consiste in un periodo di immobilizzazione dell’arto coinvolto attraverso un tutore o un gesso.
Dopo un periodo di tempo che varia da 2 a 3 settimane, in base alle indicazioni dell’ortopedico, viene svolta una RX per valutare il grado di guarigione dell’osso e decidere l’eventuale rimozione dell’immobilizzazione. Il paziente verrà poi sottoposto ad un percorso di riabilitazione svolto da un fisioterapista allo scopo di gestire inizialmente il dolore e il gonfiore associati e recuperare l’articolarità del gomito. Successivamente si lavorerà per il recupero della forza dell’arto e il ripristino della funzionalità e del corretto movimento dell’intero arto superiore per tornare, così, alle attività precedentemente svolte.
Il dolore persistente o un difficile percorso di riabilitazione possono indicare la presenza di ulteriori lesioni che complicano questa semplice frattura.
Per quanto riguarda invece l’intervento chirurgico, questo è indicato nei casi di fratture con spostamento articolare significativo (>2mm), fratture comminute, fratture instabili, fratture con blocco meccanico del gomito, fratture con altre lesioni associate o in caso di mancata unione della frattura o errata unione.
Le opzioni chirurgiche includono:
→ riduzione aperta e fissazione interna (ORIF) con placche e viti
→ protesi del capitello radiale. Questa opzione di trattamento è indicata per le fratture del capitello radiale sminuzzate e spostate che non possono essere ricostruite mediante riduzione aperta e fissazione interna
A seguito dell’intervento chirurgico il paziente inizierà precocemente un percorso di riabilitazione post-chirurgica. Dapprima verrà svolta una cauta mobilizzazione per il recupero dell’articolarità, aumentando progressivamente l’intensità al fine di garantire il completo recupero del movimento. Nella seconda fase verranno utilizzati esercizi personalizzati sulla base delle caratteristiche del paziente, mirati a migliorare la forza muscolare dell’intero arto superiore. Il tipo di riabilitazione varia non solo in base all’intervento chirurgico che è stato utilizzato ma anche sulla base delle eventuali lesioni associate.
È possibile che a seguito della frattura o dell’intervento chirurgico il soggetto vada incontro a diverse complicanze, tra cui:
- Rigidità del gomito con conseguente possibile perdita di flesso-estensione e/o prono-supinazione
- Artrosi tardiva
- Fallimento della fissazione
- Osteonecrosi del capitello radiale
- Instabilità dell’articolazione
- Dolore persistente
- Mancata o errata unione
- Ridotta mobilità articolare
- Riduzione della forza
- Irritazione o infezione dei mezzi di sintesi utilizzati durante l’operazione chirurgica
- Possibile epicondilite
Un adeguato percorso di fisioterapia permetterà al paziente la riduzione del rischio delle diverse complicanze associate.
MESSAGGIO
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