La frattura della tibia è una lesione molto comune che coinvolge la gamba. È causata da diversi traumi come infortuni durante lo svolgimento dello sport, incidenti stradali o cadute. È una condizione estremamente invalidante per il soggetto colpito in quando causa dolore, impossibilità a svolgere normali attività quotidiane come camminare, difficoltà a caricare sull’arto interessato e a rimanere in piedi.
Il trattamento varia sulla base della gravità della frattura e in base alle caratteristiche del paziente. In generale, può essere di tipo conservativo (con immobilizzazione dell’arto e successiva fisioterapia) o di tipo chirurgico attraverso tecniche diverse scelte dal medico chirurgo in base alla situazione (fissazione esterna, placca e viti, chiodo intramidollare) e successiva riabilitazione fisioterapica.
Anatomia
La tibia è una delle due ossa che, insieme al perone, costituiscono la gamba. È molto più grande e resistente del perone e per questo funge da osso portante della gamba. Queste due ossa sono collegate tra di loro tramite la membrana interossea.
La tibia è formata da un corpo e due estremità, prossimale e distale. Il corpo è più voluminoso in alto che in basso e presenta tre facce (laterale, mediale e posteriore). L’estremità prossimale è molto grande ed è costituita da due condili, laterale e mediale. Sopra questi si trova il piatto tibiale che si articola con i condili femorali per formare l’articolazione del ginocchio. L’estremità distale è più piccola e concava e nella sua parte mediale termina in una sporgenza diretta verso il basso, il malleolo mediale. Assieme al perone e all’astragalo forma l’articolazione della caviglia.
La funzione principale della tibia è quella di sostenere il peso del corpo ed è un sito di inserzione di diversi muscoli (come ad esempio quadricipite, semimembranoso, semitendinoso, soleo, tibiale anteriore ecc.) che permettono la flessione e l’estensione del ginocchio e i movimenti della caviglia.
Epidemiologia
L’incidenza generale della frattura della tibia è di 16,9 – 22 casi ogni 100.000 persone l’anno. Mentre gli uomini hanno una più elevata incidenza di frattura nella fascia d’età compresa tra i 10 e i 20 anni (43,5 casi ogni 100.000 soggetti l’anno), le donne hanno il loro picco di incidenza tra i 30 e i 40 anni (21,3 casi ogni 100.000 soggetti l’anno).
Inoltre, nella popolazione pediatrica le fratture isolate della diafisi tibiale rappresentano circa il 75% di tutte le fratture della tibia e in generale la tibia risulta essere il terzo sito di lesione più comune, dopo il femore e l’omero. In molti casi tali lesioni sono associate ad una frattura del perone.
Eziologia
La frattura della tibia è causata tipicamente da traumi ad elevata energia. Le situazioni in cui il soggetto può subire tale lesione sono diverse, ad esempio:
- Incidenti stradali in auto o in moto
- Incidenti a piedi o in bici
- Infortuni sportivi (come ad esempio nello sci, nel calcio, ecc.)
- Cadute
- Incidenti sul lavoro
- Incidenti domestici
Classificazione
La classificazione più utilizzata in ambito ortopedico per la frattura della tibia prevede una suddivisione delle lesioni sulla base di diversi fattori come:
- La posizione della frattura
- Il modello della frattura
- Lo stato della cute
I tipi più comuni di fratture della diafisi tibiale includono:
- Frattura trasversa: la rottura è una linea orizzontale che attraversa la diafisi tibiale
- Frattura obliqua: la linea di frattura attraversa obliquamente la diafisi della tibia
- Frattura a spirale: causata solitamente da una forza di torsione. La linea di frattura circonda la diafisi.
- Frattura comminuta: in cui l'osso si rompe in tre o più pezzi (frammenti).
- Frattura aperta/esposta: quando vi è l’esposizione dell’osso fuori dalla pelle. Queste comportano molti più danni ai muscoli, ai tendini e ai legamenti circostanti e hanno un rischio maggiore di complicazioni con una richiesta maggiore di tempo per la guarigione.
Caratteristiche e Sintomi
La frattura della tibia è caratterizzata da diversi sintomi che possono essere riferiti dal soggetto durante la prima visita. Tra i principali è possibile indicare:
- Presenza di un trauma
- Dolore intenso e istantaneo esacerbato con il movimento e la palpazione dell’area interessata
- Difficoltà a camminare, rimanere in piedi e caricare sull’arto
Inoltre, il medico durante la valutazione delle condizioni del paziente potrebbe rilevare la presenza di ematoma, gonfiore intorno all’area interessata o possibile deformità. All’esame il paziente presenterà limitazione dei movimenti, instabilità, impotenza funzionale e possibile alterazione della sensibilità se sono presenti lesioni vascolari o neurologiche. Inoltre è possibile che il paziente presenti una lesione della cute dovuta ad una frattura esposta oppure una frattura scomposta con l’osso che spinge sulla cute senza lesionarla.
Una approfondita valutazione del ginocchio include anche l’osservazione delle strutture ossee, dei tessuti molli e dei legamenti per stabilirne l’eventuale coinvolgimento. È fondamentale anche un accurato esame neurovascolare completo per l’arto colpito.
Diagnosi differenziale
È necessario distinguere altre condizioni che potrebbero condividere alcuni sintomi con la frattura della diafisi tibiale, tra cui:
- Frattura piatto tibiale
- Frattura della caviglia
- Frattura del malleolo
Imaging
A seguito dell’esame fisico, il medico ortopedico potrebbe indicare la necessità di sottoporre il paziente ad alcuni esami strumentali. Questi aiutano a fare chiarezza circa la diagnosi e possono essere utilizzati anche per la pianificazione chirurgica qualora fosse necessario.
- Radiografia: effettuata come prima scelta per confermare l’ipotesi di frattura della tibia e individuare la localizzazione e la tipologia di lesione. Attraverso la RX è, inoltre, possibile valutare anche l’eventuale coinvolgimento del perone o dell’articolazione del ginocchio e della caviglia.
- TAC: può essere indicata se attraverso le radiografie il medico non ha ottenuto i dati necessari. La TAC permette, infatti, di ottenere informazioni più dettagliate sulla frattura.
- Risonanza Magnetica: permette di visualizzare più dettagliatamente la lesione e valutare la presenza di eventuali lesioni dei tessuti molli (tendini e muscoli).
È utile specificare che nei bambini, è possibile che la frattura non sia immediatamente visibile nelle radiografie iniziali ed è quindi probabile che il medico decida di rivalutarlo a intervalli di tempo per confermare la diagnosi.
Trattamento
Il trattamento della frattura della tibia varia sulla base della gravità della lesione e delle caratteristiche individuali dei singoli pazienti. La gestione può essere di tipo conservativo o di tipo chirurgico. Il primo caso è indicato per le fratture semplici, non scomposte o nei pazienti che non possono subire un intervento chirurgico a causa delle condizioni generali di salute e sono, generalmente, poco attivi fisicamente. Il trattamento conservativo è caratterizzato da immobilizzazione dell’arto attraverso un gesso o un tutore per un periodo di tempo variabile deciso dal medico di riferimento. Durante questo periodo il paziente verrà sottoposto a visite di controllo attraverso esami strumentali per valutare la consolidazione della frattura e la formazione del callo osseo. A seguito dell’avvenuta guarigione della frattura, viene rimosso il gesso e intrapreso un percorso di fisioterapia al fine di recuperare l’articolarità completa dell’arto inferiore e la forza muscolare. Infatti, attraverso specifici esercizi verrà rinforzata la muscolatura dell’anca, del ginocchio, della caviglia e anche della colonna, incrementando gradualmente il carico sull’arto coinvolto per riacquistare il completo range di movimento e, di conseguenza, tornare a svolgere tutte le attività.
Il trattamento chirurgico, invece, è indicato nei casi di fratture esposte, scomposte (frammentate/sminuzzate), instabili, spostate, multiple o per le lesioni che non hanno trovato beneficio e risoluzione dal trattamento conservativo. Gli obiettivi principali sono: ristabilire la corretta anatomia della tibia, evitare una deviazione dell’osso, permettere un carico precoce sull’arto e recuperare la funzionalità dell’intera gamba. Sarà il chirurgo ortopedico a scegliere la tipologia più opportuna di operazione in base alle caratteristiche e alla gravità della frattura. Le più utilizzate sono:
- Chiodo endomidollare è uno dei metodi più comuni per questo tipo di lesione. Viene inserito un chiodo all’interno della tibia per permettere l’unione della frattura e mantenere la lunghezza e l'allineamento. Tale tecnica è associata ad una riduzione del tempo di unione della frattura e del tempo per il carico sull’arto interessato.
- Placche e viti: utilizzate principalmente quando non è possibile ricorrere al chiodo endomidollare o quando la frattura è particolarmente sminuzzata. In questo caso i frammenti vengono riposizionati in sede e tenuti insieme attraverso placche e viti posizionate sulla superficie esterna dell’osso.
- Fissatore esterno: in cui vengono posizionate delle viti sopra e sotto il sito di lesione, collegate ad un fissatore al di fuori della pelle, in modo da mantenere l’osso in posizione, stabilizzare la frattura e sostenere la guarigione.
Nei casi di fratture particolarmente gravi o più estese è, inoltre, possibile utilizzare una combinazione delle tecniche descritte.
A seguito dell’intervento chirurgico, a prescindere dalla tipologia adottata dal chirurgo, il soggetto intraprende precocemente un percorso di riabilitazione. Attraverso mobilizzazioni ed esercizi specifici progettati sulle caratteristiche del paziente, il fisioterapista permetterà una riduzione del dolore, un recupero completo dei movimenti dell’arto, della normale forza muscolare persa a causa della ridotta attività e della corretta funzionalità dell’arto inferiore lavorando, al tempo stesso, sull’equilibrio e la propriocezione per favorire il rientro alle attività sportive e lavorative e garantendo lo svolgimento delle attività di vita quotidiana.
Complicazioni
Possono essere individuate alcune complicazione a cui il soggetto può andare incontro in seguito alla frattura della tibia o degli interventi. Tra le principali è possibile osservare:
- Mancata o ritardata consolidazione della frattura
- Errata unione della frattura
- Rischio di un ulteriore intervento
- Infezione
- Dolore persistente
- Rottura degli impianti
- Dolore a ginocchio o caviglia
- Sindrome compartimentale
- Danni ai nervi, ai muscoli o ai vasi sanguigni
- Osteomielite
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