La frattura del processo coronoideo, o semplicemente coronoide, è una frattura relativamente rara ma che si riscontra spesso nei traumi più importanti che colpiscono l’articolazione del gomito. Il processo coronoideo è un importante stabilizzatore dell'articolazione del gomito e risulta quindi di fondamentale importanza nello svolgimento di tutti i movimenti e nel mantenimento della stabilità.
Le fratture della coronoide sono lesioni che raramente si riscontrano isolate, ma sono più comunemente presenti in associazione con altre lesioni al gomito come la lesione del legamento collaterale laterale, la lussazione del gomito e la frattura dell'olecrano. Questa frattura è causata, nella maggior parte dei soggetti, da traumi come incidenti automobilistici, sportivi o attività ad elevata energia ed è caratterizzata da alcuni segni e sintomi tra cui dolore al gomito, ecchimosi e limitazione dei movimenti.
Il trattamento per la frattura del processo coronoideo può essere di tipo conservativo (immobilizzazione con gesso e successiva fisioterapia) o di tipo chirurgico sempre seguito da un percorso di riabilitazione svolto da un fisioterapista. In ogni caso la decisione viene presa dal medico ortopedico sulla base delle caratteristiche della frattura e di quelle del paziente.
Anatomia
Il processo coronoideo è una prominenza ossea situata sull’estremità prossimale dell’ulna nella sua superficie anteriore. Insieme all’olecrano, forma una cavità che si articola con l’estremità distale dell’omero formando l’articolazione omero ulnare. Serve da contrafforte per prevenire lo spostamento posteriore dell'ulna soprattutto durante le sollecitazioni a cui è sottoposto durante le attività quotidiane, lavorative e sportive. L'altezza del processo coronoideo è in media 15 mm e impegna la fossa coronoidea dell'omero distale durante la flessione del gomito.
Il ruolo del processo coronoideo nella stabilità del gomito è stato documentato da numerosi studi biomeccanici sui cadaveri. Rimuovendo più del 50% dell'altezza della coronoide, Closkey et al. dimostrò una significativa instabilità posteriore del gomito quando applicava una forza diretta assialmente a vari angoli di flessione enfatizzando il ruolo della coronoide come contrafforte osseo anteriore.
Inoltre, ci sono diverse strutture posizionate vicino al processo coronoideo o che su di esso si inseriscono. Tra queste troviamo:
- La fascia anteriore del legamento collaterale mediale (MCL)
- La capsula anteriore dell'articolazione del gomito
- Il tendine del muscolo brachiale
- Il legamento anulare
Epidemiologia
La frattura del processo coronoideo rappresenta circa il 10-15% di tutte le fratture che colpiscono il gomito e sono causate nella maggior parte dei casi da traumi. Questa è relativamente rara come frattura isolata ma è piuttosto associata ad altre lesioni ossee e dei tessuti molli che si trovano nel gomito come lacerazione della capsula anteriore, frattura del capitello radiale e frattura dell’olecrano oltre a lesione o rottura dei legamenti del gomito.
Eziologia
Le fratture del processo coronoideo hanno generalmente un’origine traumatica. Il meccanismo di lesione principalmente riscontrato è di tipo indiretto: una caduta sulla mano con il gomito leggermente flesso oppure una caduta con gomito esteso e mano atteggiata a difesa, mentre il corpo crea una forza rotatoria postero-laterale sul gomito. Il risultato è che gli stabilizzatori del gomito come la capsula e i legamenti si “strappano” progressivamente. In quest’ultimo caso è tipica la lussazione del gomito con altre fratture associate.
Gli incidenti automobilistici, sport o attività ad alta velocità e/o energia e altri sport estremi sono cause comuni di lesioni alla coronoide. Raramente queste possono essere causate da un trauma diretto al gomito.
Classificazione
Il sistema di classificazione per la frattura del processo coronoideo fu descritto da Regan e Morrey nel 1989. Per gli autori tali fratture possono essere suddivise in tre tipologie sulla base della proporzione della coronoide coinvolta:
- Tipo I: fratture che interessano l’apice della coronoide
- Tipo II: fratture che interessano meno del 50% della coronoide, con uno o più frammenti
- Tipo III: fratture che interessano più del 50% della coronoide, con uno o più frammenti
Più di recente, nel 2003, O’Driscoll ha proposto un nuovo sistema di classificazione delle fratture del processo coronoideo in base alla posizione anatomica, alla dimensione del frammento e alla presenza di instabilità del gomito. L’autore ha quindi distinto tre tipologie di fratture:
- Tipo I: fratture che interessano la punta della coronoide
- Tipo II: fratture che coinvolgono la parte anteromediale
- Tipo III: fratture che coinvolgono la base del processo coronoideo
Caratteristiche e Sintomi
La frattura del processo coronoideo è caratterizzata da alcuni sintomi riferiti dalla maggior parte dei soggetti e da segni osservati dal professionista durante l’esame clinico, a cui bisogna prestare particolare attenzione al fine gestire efficacemente il paziente.
Tra i vari segni e sintomi è possibile individuare:
- presenza di un trauma
- dolore al gomito che aumenta con il movimento
- palpazione dolorosa
- gonfiore a livello dell’articolazione del gomito
- ecchimosi (versamento)
- limitazione dei movimenti di flesso-estensione e prono-supinazione del gomito
Dopo aver svolto un accurato esame clinico e riscontrato queste caratteristiche, l’ortopedico procederà immediatamente ad una radiografia e ad altri esami strumentali approfonditi al fine di valutare l’entità del danno e decidere il tipo di trattamento più efficace ed adeguato.
Inoltre, durante l’esame clinico potrebbe risultare di fondamentale importanza un confronto con l’arto controlaterale al fine di valutare la presenza di eventuali differenze.
Diagnosi differenziale
È utile svolgere un’accurata valutazione clinica e una valutazione con esami strumentali (RX, TAC e RMN) al fine di distinguere le fratture del processo coronoideo da altre lesioni che con la prima condividono alcune caratteristiche, tra cui:
- Frattura capitello radiale
- Frattura olecrano
- Frattura distale dell’omero
- Lesione dei legamenti del gomito
- Frattura prossimale ulna
Imaging
La diagnosi di frattura del processo coronoideo avviene attraverso lo svolgimento dell’esame fisico associato ad alcuni esami strumentali. Di questi, la radiografia (RX) del gomito è utilizzata come prima scelta per confermare il sospetto della presenza di una lesione. Questa dovrebbe includere almeno tre proiezioni: anteroposteriore (AP), obliqua e un laterale per permettere di ottenere un quadro completo e dettagliato della frattura. A volte potrebbe essere effettuata una RX anche all’arto controlaterale, utile per valutare l’anatomia dell’articolazione del gomito e per facilitare la pianificazione di un eventuale intervento chirurgico. Se dalla semplice RX risulta difficile comprendere pienamente l’esatto tipo di frattura ma anche se è evidente la presenza e la tipologia di frattura, al paziente viene indicato un imaging più approfondito come la TAC, la quale aiuta a osservare meglio la frattura facilitandone la classificazione e a scegliere e pianificare al meglio l’intervento chirurgico più adeguato da eseguire. Infine la risonanza può essere utilizzata principalmente per valutare l’eventuale presenza di una lesione dei tessuti molli (muscoli, tendini, legamenti) ma è utile anche nel rilevare le fratture.
Trattamento
A seguito di una frattura del processo coronoideo, il trattamento può essere di due tipi: trattamento conservativo e/o trattamento chirurgico. La tipologia più opportuna viene decisa e consigliata dal medico ortopedico e dipende da alcuni fattori come il tipo di frattura, l’interessamento di capsula e legamenti, la presenza di lesioni associate.
Il trattamento di tipo conservativo (non chirurgico) è indicato nei casi di fratture piccole e isolate, minimamente spostate (scomposte), senza lussazione del gomito, che coinvolgono l’apice del processo coronoideo e che non comportano instabilità. Questo include immobilizzazione dell’arto e successivo percorso di riabilitazione eseguito da un fisioterapista al fine di recuperare, inizialmente, il movimento completo del gomito ed evitare la rigidità dell’articolazione. Successivamente il trattamento verterà sul recupero muscolare tramite esercizi specifici.
Nel caso di instabilità dell’articolazione o in presenza di lesioni più gravi o associate come ad esempio fratture e/o lesioni alle strutture capsulolegamentose, è consigliato l’intervento chirurgico. Gli obiettivi di tale trattamento sono:
- ripristino della stabilità coronoidea mediante fissazione della frattura (fratture di tipo II o III). Potrebbe essere necessario inserire piccoli mezzi di sintesi metallici, suture, viti, placche e piastre (in base alla gravità della frattura).
- riparazione delle altre lesioni associate. Ad esempio, nei casi in cui ci siano lesioni ai legamenti, anche questi verranno riparati chirurgicamente.
- applicazione di un fissatore esterno quando la riparazione convenzionale non garantisce una stabilità articolare sufficiente per consentire un movimento precoce.
In rari casi quando la coronoide è particolarmente danneggiata e non vi è la possibilità di fissarla e stabilizzarla attraverso i mezzi chirurgici precedentemente descritti, può esserci la necessità di un innesto osseo dalla cresta iliaca o da frammenti delle altre lesioni associate.
In generale il trattamento della frattura del processo coronoideo, come per tutte le fratture articolari, comprende la riduzione anatomica, la fissazione stabile e il movimento precoce.
Dopo l’intervento chirurgico, l’arto interessato verrà immobilizzato tramite un tutore e verrà intrapreso un percorso di fisioterapia. In alcuni casi, il medico ortopedico può decidere di prolungare il tempo di immobilizzazione dell’arto al fine di proteggere ulteriormente l’articolazione sottoposta a intervento chirurgico. Il fisioterapista attraverso l’utilizzo di tecniche manuali, come ad esempio specifiche mobilizzazioni e tecniche miofasciali, esercizio terapeutico e training neuromuscolare, aiuterà il paziente a raggiungere determinati obiettivi necessari per il completo recupero dell’arto. Gli obiettivi della fisioterapia sono diversi:
- ridurre e quindi eliminare il dolore
- recuperare l’articolarità del gomito
- recuperare la forza muscolare e la corretta funzionalità dell’arto superiore
Inoltre, a seguito della frattura del processo coronoideo o dell’intervento chirurgico il paziente può andare incontro ad alcune complicanze, tra cui:
- rigidità del gomito (più frequente)
- instabilità cronica
- artrosi post traumatica
- dolore persistente
- ossificazione eterotopica
- neuropatia ulnare o la sindrome del tunnel cubitale
- complicanze dovute ai mezzi di sintesi
- frattura non consolidata
- problemi dovuti alla fissazione interna e quindi necessità di ulteriore intervento
- infezione (rara)
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