L'epifisiolisi del femore è la patologia più comune dell'anca in adolescenza, insieme al morbo di Perthes, e consiste in una separazione tra la testa e il collo del femore. Questo disturbo è caratterizzato dal distacco delle strutture che costituiscono l’epifisi prossimale del femore, con scivolamento della testa in direzione posteriore e verso il basso e spostamento simultaneo anteriore del collo del femore. Nei casi gravi si può verificare una ipovascolarizzazione che può portare a necrosi o ad un completo collasso della testa del femore. In tali casi più gravi vi sarà uno slittamento più intenso, il quale è associato ad un aumento del dolore e ad un'ulteriore limitazione nel range di movimento. Riconoscere sin dalle fasi iniziali tale patologia è di fondamentale importanza in quanto la deformità può peggiorare se lo scivolamento non viene trattato.
Epidemiologia
L’epifisiolisi è tra i disturbi d’anca più comuni nei soggetti di età compresa tra i 9 e i 16 anni. L’esordio si verifica, generalmente, tra 11 e 13 anni, con un’età di presentazione inferiore nel sesso femmine (11-12 anni) rispetto a quello maschile (12-13) anche se, questi ultimi, sono colpiti in misura maggiore. L'incidenza nel Regno Unito è di 4,8 casi per 100.000 soggetti in bambini di età compresa tra 0 e 16 anni.
La prevalenza del coinvolgimento bilaterale delle anche è stata riportata dai soggetti in una percentuale che oscilla tra il 20% e l’80% e in questi casi, il secondo scivolamento, si verifica solitamente nell’arco del primo anno dal primo episodio.
Eziologia
L’epifisiolisi è un disturbo multifattoriale. Lo sviluppo di tale patologia è, quindi, attribuito a diverse cause, tra cui:
- obesità
- indebolimento della cartilagine di coniugazione
- disturbi endocrini (ipotiroidismo, ipogonadismo)
- morfologia anormale della testa del femore e dell’acetabolo o deformità del bacino
- possibili fattori genetici e/o ambientali (traumi, attività sportive di contatto)
- radioterapia al bacino
Diagnosi – Sintomi
I ragazzi che arrivano alla visita, generalmente, presentano dolore all'anca, all'inguine, alla coscia o al ginocchio, associato a rigidità. In una fase iniziale può essere confuso con altre condizioni come dolori muscolari, strappi muscolari e tendiniti.
Il dolore peggiora con il cammino e lo svolgimento delle attività sportive, mentre migliora con il riposo. Nelle fasi avanzate può presentarsi una sintomatologia più importante con la comparsa di zoppia.
All’esame clinico, tali pazienti, presentano:
- limitazione della rotazione interna dell’anca
- limitazione della flessione dell’anca
- limitazione dell’abduzione dell’anca
- dolore in tutte le direzioni, alla fine del range di movimento
- rotazione dell'arto verso l’esterno
Un terzo dei pazienti, si presenta dal professionista con sintomi atipici, più comunemente lamentando un dolore al ginocchio: questo può portare a commettere degli errori diagnostici o al ritardo della diagnosi corretta in quanto, il non riconoscimento, conduce ad un progredire della patologia ed un aggravarsi della condizione, con prognosi a lungo termine molto peggiore e conseguenze fisiche più gravi. È necessario, quindi, valutare attentamente il ragazzo di questa età che lamenta un dolore al ginocchio, effettuando uno screening approfondito ed ipotizzando sempre un coinvolgimento dell’anca in tale sintomatologia.
In ogni caso, è possibile che con il passare del tempo si presentino delle conseguenze quali:
- conflitto femoro-acetabolare
- artrosi dell’anca
- lesione del labbro acetabolare
- riduzione del range di movimento
- necrosi avascolare
Imaging
Per confermare la diagnosi di epifisiolisi, è raccomandata la radiografia in diverse proiezioni a causa della natura dello scivolamento che caratterizza tale patologia. Le proiezioni antero-posteriori e “a rana” permettono di ottenere una visione completa dello scivolamento sia nei casi gravi che in quelli più lievi.
Trattamento
Il trattamento di elezione per l’epifisiolisi è quello chirurgico: l’obiettivo è quello di stabilizzare la testa del femore nell’acetabolo al fine di prevenire ulteriori spostamenti e complicanze ripristinando, in questo modo, la funzione dell’arto inferiore, ritardando o impedendo l’artrosi precoce dell’anca. Nel migliore dei casi consente, comunque, un sollievo dal dolore. Sulla base delle caratteristiche del soggetto coinvolto, sarà il chirurgo a decidere tutte le particolarità dell’intervento. Per la stabilizzazione possono essere, ad esempio, utilizzate una o più viti, fili di Kirschner, osteotomie, o altre tecniche alternative. Dopo l’intervento chirurgico, il soggetto resterà in ospedale per qualche giorno e non potrà caricare sull’arto coinvolto per un periodo di tempo stabilito dal chirurgo. Successivamente sarà necessario un percorso di fisioterapia con l’obiettivo di recuperare l’articolarità, la forza muscolare e la stabilità del complesso lombo-pelvico e dell’arto inferiore.
Il soggetto verrà, inoltre, sottoposto a controlli periodici per valutare l’andamento dell’operazione e del recupero. Ad un anno circa dall’intervento verrà effettuata una radiografia di controllo per l’eventuale rimozione dei mezzi di osteosintesi (viti, fili, ecc.).
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