L’epicondilite è una condizione che interessa il gomito nella sua parte laterale e colpisce circa l’1-3% della popolazione generale. Interessa sia lavoratori che atleti che svolgono specifiche attività, le quali richiedono un uso prolungato e ripetitivo del gomito. Colpisce principalmente soggetti di mezza età ed è causata da un sovraccarico ripetitivo sul tendine che, a causa di continue microlesioni, va incontro a degenerazione, dando origine alla presentazione classica della patologia. Il sintomo principale è il dolore al gomito, presente soprattutto durante lo svolgimento di alcune attività e che, a volte, può presentarsi anche di notte. Può causare un disagio e una disabilità significativa al paziente colpito, poiché questo può essere riferito anche durante lo svolgimento delle normali attività quotidiane. Il trattamento è, nella maggior parte dei casi di tipo conservativo attraverso la fisioterapia.
Anatomia
Il gomito laterale è composto da strutture ossee e legamentose che stabilizzano l'articolazione e fungono da origine per i tendini. I muscoli specifici che costituiscono tale porzione di gomito sono:
- Estensore radiale lungo del carpo: estende e abduce il polso
- Estensore radiale breve del carpo: estende il polso
- Estensore comune delle dita: estende il polso e le articolazioni metacarpo-falangee dalla seconda alla quinta.
- Estensore ulnare del carpo: estende e adduce il polso
- Estensore del mignolo: estende la falange prossimale del mignolo e sostiene l’estensione del polso.
Epidemiologia
L’epicondilite è la causa più comune di dolore al gomito. Questa colpisce circa l’1-3% della popolazione generale e si manifesta tipicamente tra i 30 e i 64 anni d’età con un picco di incidenza che si verifica tra i 45 ei 54 anni, interessando in egual misura gli uomini e le donne e coinvolgendo principalmente l’arto superiore dominante. I pazienti che sviluppano tale condizione sono soggetti che svolgono sport specifici o intensi lavori manuali, che richiedono movimenti energici e ripetitivi del gomito, soprattutto dei muscoli estensori del polso in particolare, l’estensore radiale breve del carpo è il muscolo più comunemente colpito, ma anche altri estensori del polso sono coinvolti in questo processo (come l'estensore radiale lungo del carpo, l'estensore comune delle dita, l’estensore del mignolo e l'estensore ulnare del carpo).
L’epicondilite è anche definita come “gomito del tennista”, in quanto tale patologia è spesso osservata nei giocatori di tennis (circa il 10-15% dei soggetti che praticano questo sport), soprattutto negli atleti dilettanti rispetto ai professionisti, probabilmente a causa di una tecnica errata e della maggiore frequenza e intensità di gioco, nonché per il modello e il peso della racchetta.
Eziologia
In passato si riteneva che l’epicondilite derivasse da un’infiammazione acuta del tendine ed infatti veniva utilizzato principalmente il termine “tendinite” per riferirsi a tale condizione. Attualmente, invece, dopo diversi anni di studi e ricerche, si è concluso che il termine più adeguato per descriverla è “tendinosi” o “tendinopatia”. Dagli esami istopatologici, infatti, è stato osservato che la causa dell’epicondilite è una degenerazione dei tendini estensori del polso che si inseriscono sull’epicondilo, che ha origine da un carico eccessivo del tendine il quale supera il fisiologico livello di sopportazione, ripetuto per un prolungato periodo di tempo. Tale sovraccarico crea dei microtraumi che, se prolungati, possono causare tale degenerazione e quindi dare origine alla sintomatologia caratteristica. L’infiammazione sembra essere presente solo nella fase iniziale della condizione patologica.
Inoltre, sebbene la degenerazione sia considerata una delle principali cause della tendinopatia laterale di gomito, studi recenti hanno suggerito che anche il “sottoutilizzo” dei tendini coinvolti porta ad un indebolimento strutturale degli stessi rendendoli più suscettibili alle lesioni.
Fattori di rischio
Nello sviluppo dell’epicondilite ci sono alcuni fattori che possono giocare un ruolo importante poiché, se presenti nel soggetto, può essere più probabile che tale condizione abbia origine. I principali fattori di rischio sono:
- Età
- Movimenti eccessivi e ripetitivi
- Lavori che richiedono movimenti ripetuti ed intensi del braccio e del polso (per più di 2 ore al giorno o utilizzo di strumenti che pesano più di 1 kg o carichi superiori a 20 kg utilizzati più di dieci volte al giorno)
- Sport che caricano eccessivamente il gomito attraverso specifici movimenti
- Infiammazione della cuffia dei rotatori
Caratteristiche e Sintomi
L’epicondilite è caratterizzata da diversi segni e sintomi specifici che possono essere riferiti dai pazienti durante la visita o osservati dal professionista durante lo svolgimento dell’esame clinico obiettivo. La caratteristica principale è il dolore al gomito, localizzato sull’epicondilo laterale dell’omero. Questo ha un esordio graduale e insidioso (anche se in alcuni casi potrebbe presentarsi all’improvviso) e può irradiarsi lungo l’avambraccio o può estendersi anche prossimalmente al gomito. Il grado di dolore è diverso da paziente a paziente e può variare da lieve e intermittente fino a grave e persistente, influenzando significativamente la vita dei pazienti e compromettendo tutte le attività di vita quotidiana. Solitamente, tale dolore è presente o può essere aggravato durante lo svolgimento di diverse attività che richiedono l’estensione del polso sotto resistenza (come ad esempio afferrare oggetti, aprire un barattolo, girare una chiave, suonare il pianoforte, scrivere a macchina o al pc o strizzare una asciugamano) e spesso può presentarsi di notte, interrompendo o disturbando il sonno del soggetto. Inoltre, può essere riprodotto dalla palpazione sull’epicondilo laterale da parte del professionista. I normali movimenti del gomito sia attivi che passivi, generalmente, sono preservati (anche in alcuni casi più gravi). I pazienti spesso lamentano anche debolezza nella presa e difficoltà nel sollevamento dei pesi, con un notevole impatto negativo sulle prestazioni sportive, sulle attività lavorative e su quelle della vita quotidiana.
Diagnosi differenziale
Sebbene l’epicondilite presenti sintomi e segni caratteristici, alcuni di questi spesso sono condivisi anche da altre patologie e per questo possono creare confusione. Conoscerle e riconoscerle permette di giungere ad una corretta diagnosi differenziale ed indicare il trattamento più adeguato da intraprendere nel minor tempo possibile. Tra le condizioni principali che potrebbero essere confuse con l’epicondilite laterale, è possibile osservare:
- Epitrocleite
- Frattura del capitello radiale
- Sindrome del tunne cubitale
- Osteocondrite dissecante
- Artrosi del gomito
- Radicolopatia cervicale
- Trigger point
- Sindrome del tunnel radiale
Imaging
Un accurato esame fisico obiettivo e un’attenta valutazione iniziale della storia e dei sintomi del paziente sono solitamente sufficienti per una diagnosi clinica di epicondilite. Alcune volte, però, quando ad esempio il caso in questione risulta dubbio o poco chiaro potrebbe essere necessario integrare la valutazione attraverso esami strumentali per confermare la propria ipotesi diagnostica o escludere altre condizioni patologiche. Potrebbero essere indicate, ad esempio:
- Radiografia: per valutare la presenza di eventuali lesioni e patologie ossee. A volte possono mostrare lievi calcificazioni dei tessuti molli nei pazienti con epicondilite.
- Ecografia: può mostrare cambiamenti strutturali che interessano i tendini (come ad esempio ispessimento, assottigliamento, aree degenerative, lesioni e/o calcificazioni).
- Risonanza magnetica: fornisce maggiori informazioni sulle possibili patologie intra-articolari. Spesso, però, i risultati osservati tramite tale imaging non solo collegabili alla sintomatologia del paziente e sono di frequente osservati anche in molti soggetti sani ed asintomatici. In generale, quindi, gli esami strumentali possono essere di supporto ma non devono mai sostituire l’esame clinico nella diagnosi.
Trattamento
L’epicondilite è una patologia che necessita di un trattamento di tipo conservativo (non chirurgico) per un recupero ottimale della condizione generale di salute. Gli obiettivi principali sono quelli di:
- Gestire il dolore al gomito
- Preservare il movimento dell’arto colpito
- Migliorare la forza di presa e la resistenza
- Ripristinare la normale funzionalità dell'arto colpito
- Prevenire una recidiva
Questa tipologia di gestione prevede un’iniziale educazione del paziente: un fondamentale processo di informazione circa la propria condizione e le cure necessarie in cui il professionista chiede al suo paziente una partecipazione attiva e costante all’intero processo di guarigione, senza la quale il recupero sarebbe più lento e pesante. Il fisioterapista consiglierà, in base alle specifiche condizioni, un riposo relativo (non assoluto) con specifiche modifiche di attività che potrebbero dare origine o aggravare la sintomatologia già presente. In questa fase lo scopo è anche quello di prevenire le recidive poiché al soggetto vengono illustrate le giuste modalità di movimento e di caricamento del tendine.
Si procederà, poi, con la fisioterapia, che ha un ruolo centrale nel trattamento conservativo. Infatti, attraverso tecniche di terapia manuale, come mobilizzazione, manipolazioni e tecniche miofasciali rivolte alla muscolatura, si agisce sulla riduzione della sintomatologia dolorosa, sul ripristino della flessibilità muscolare e tendinea e sul miglioramento della funzione. In alcuni casi, risulta utile anche un trattamento manuale rivolto al rachide cervicale per migliorare la sintomatologia. In questo contesto è incluso, ovviamente, anche l’esercizio terapeutico: inserire un carico graduale sul tendine colpito, senza mai superare la soglia fisiologica di sopportazione, per permetterne una completa guarigione ma una continua stimolazione, è fondamentale per garantire il recupero della forza, della resistenza, della stabilità e della funzionalità del gomito. Il rinforzo degli estensori del polso, insieme ad un lavoro combinato sui muscoli della spalla, aiuta a recuperare completamente e in tempi ridotti il normale funzionamento e la stabilità dell’intero arto superiore, per tornare alle attività sportive e lavorative. Lo svolgimento degli esercizi anche in autonomia seguendo uno specifico programma sviluppato dal fisioterapista su misura per ogni paziente, permetterà di ridurre drasticamente la durata della sintomatologia e quindi i tempi di recupero.
A tali trattamenti vengono spesso associate le onde d'urto che, potrebbero aiutare nella gestione della sintomatologia se utilizzate all'interno di un percorso multimodale. I trattamenti sopra descritti possono essere affiancati da:
- Farmaci antinfiammatori (FANS), se prescritti dal medico, per ridurre la sintomatologia
- Infiltrazioni di cortisone: hanno un effetto solo a breve termine nella gestione del dolore e possono portare a conseguenze negative come atrofia muscolare o rottura del tendine coinvolto e per questo spesso sconsigliate.
- Infiltrazioni di PRP per cercare di migliorare i processi di rigenerazione dei tessuti molli.
Se il trattamento conservativo non ha effetti sulla sintomatologia del paziente con epicondilite, se i sintomi sono estremamente gravi ed invalidanti o persistenti, può essere allora indicato il trattamento chirurgico con successivo percorso di riabilitazione post-chirurgica presso un fisioterapista.
MESSAGGIO
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