La radicolopatia cervicale è una condizione clinica che causa una significativa disabilità soprattutto a causa dei suoi sintomi. È osservata principalmente nei soggetti di mezza età ed è causata da una compressione o un’irritazione di un radice nervosa del rachide cervicale, dovute a ernia del disco, spondilosi o altre cause più rare. I sintomi caratteristici sono deficit sensoriali, deficit motori, diminuzione dei riflessi tendinei con o senza dolore radicolare al collo che si irradia a tutto l’arto superiore. La maggior parte dei pazienti giunge alla risoluzione della radicolopatia grazie ad un trattamento conservativo (fisioterapia, collare e farmaci) ma, in alcuni casi, può essere necessario un intervento chirurgico per la gestione dei sintomi.
Epidemiologia
La radicolopatia cervicale colpisce principalmente i soggetti di mezza età, con un picco di incidenza tra i 50 e i 54 anni e il sesso maschile maggiormente interessato rispetto alle donne. Inoltre, l’incidenza di tale condizione è di 83,2 soggetti ogni 100.000 l’anno. In diversi studi è stato riportato che la spondilosi, la protrusione del disco o la degenerazione del disco sono presenti nella maggior parte dei pazienti con radicolopatia. La radice nervosa principalmente coinvolta è la C7 seguita, in ordine decrescente di incidenza, da C6, C8 e C5. Questa condizione è frequentemente osservata nei soggetti che svolgono lavori in cui è richiesto di frequente il sollevamento di oggetti pesanti.
Eziologia
La causa della radicolopatia cervicale è una compressione e/o una irritazione di una radice nervosa nella zona cervicale. Nella maggior parte dei casi, queste possono avere origine da due specifiche condizioni:
- Ernia del disco: la fuoriuscita del materiale di cui è composto il disco intervertebrale può causare la compressione del nervo e irritarlo attraverso una cascata chimica di elementi rilasciati dal nucleo polposo del disco che porta ad una infiammazione del nervo coinvolto. Questo meccanismo è osservato principalmente nei soggetti più giovani.
- Spondilosi: cioè l’insieme di tutti quei cambiamenti degenerativi che si verificano nel rachide cervicale a causa di normali processi fisiologici legati all'età. Questi includono: la degenerazione del disco, la riduzione dello spazio intervertebrale, la degenerazione e ipertrofia delle faccette articolari, la formazione di possibili osteofiti, l’ispessimento dei legamenti ecc., i quali possono portare ad una riduzione del forame intervertebrale con conseguente possibile compressione ed irritazione del nervo adiacente, anche a causa degli elementi chimici rilasciati dal materiale all’interno del disco intervertebrale erniato. Tale meccanismo è riscontrato soprattutto nei pazienti di età più avanzata.
Altre possibili cause di radicolopatia cervicale, più rare rispetto alle precedenti, possono essere tumori, infezioni e instabilità.
Caratteristiche e Sintomi
La radicolopatia cervicale è caratterizzata da numerosi segni e sintomi osservati dal professionista o lamentati dal paziente durante la prima valutazione. La presentazione clinica di tale condizione può variare da soggetto a soggetto ma, generalmente, i sintomi specifici e caratteristici della radicolopatia sono:
- Deficit sensoriali, come intorpidimento, formicolio, parestesie (alterazioni della sensibilità)
- Deficit motori, con debolezza muscolare e conseguente perdita della forza
- Diminuzione dei riflessi tendinei
In quasi tutti i casi, questi sintomi possono essere associati anche a dolore radicolare molto forte al collo che si irradia alla scapola, all’arto superiore e può arrivare alle dita, la cui distribuzione varia in base ai livelli cervicali coinvolti. Solitamente è unilaterale e aumenta quando il soggetto ruota, inclina o estende la testa verso il lato doloroso e potrebbe presentarsi anche di notte. Non sempre, però, tale dolore è presente nei pazienti con radicolopatia cervicale. Favorire un riposo notturno adeguato permette di gestire al meglio la sintomatologia: per supportare la testa e il collo e ridurre la rigidità consiglio l'utilizzo di un cuscino come quello nell'immagine seguente.
Questa condizione causa molto spesso una significativa disabilità in quanto il dolore è generalmente molto intenso e i sintomi associati limitano i soggetti nello svolgimento di moltissime attività della vita quotidiana.
La tipologia di esordio della sintomatologia può dare indicazioni utili al professionista per ipotizzare la causa sottostante: solitamente, un esordio acuto o subacuto potrebbe rivelare la presenza di un’ernia del disco mentre, una presentazione lenta e insidiosa potrebbe far pensare ad una spondilosi.
Sulla base della distribuzione dei sintomi è possibile supporre il coinvolgimento di specifici livelli:
- C5: il dolore è riferito alla spalla e si irradia anteriormente lungo l’arto fin sotto il gomito. Può essere presente debolezza del deltoide.
- C6: il dolore è presente lungo la parte laterale superiore dell’arto e arriva fino alle prime due dita (pollice e indice). Può essere presente debolezza nel bicipite e nel flessore ulnare del carpo con una diminuzione dei riflessi osteotendinei del bicipite. Molto spesso questa distribuzione di dolore può essere confusa con la sindrome del tunnel carpale.
- C7: il dolore si irradia lungo la parte dorsale dell’arto, attraversa il gomito e arriva fino al terzo dito (medio). La debolezza può essere presente nel tricipite e nel brachioradiale e può presentarsi una diminuzione dei riflessi del tricipite.
- C8: il dolore è riferito lungo la parte mediale inferiore dell’arto e arriva al quarto e quinto dito (anulare e mignolo). Può essere lamentata debolezza nei muscoli intrinseci della mano. Questo coinvolgimento ha una presentazione simile ad una neuropatia ulnare.
Durante la prima visita, oltre alla raccolta anamnestica fondamentale per una diagnosi tempestiva, vengono svolti dei test clinici per valutare l’eventuale presenza di radicolopatia cervicale o per escluderla. I principali sono:
- Test di Spurling: il paziente è seduto mentre l’esaminatore è in piedi alle sue spalle e, dopo aver posizionato le sue mani sulla sua testa esegue una compressione. Il test è positivo se tale manovra riproduce i sintomi. Se ciò non accade possono essere aggiunte altre componenti, come la rotazione e l’estensione.
- Test di abduzione della spalla: il paziente è in posizione seduta ed effettua in autonomia un’abduzione della spalla verso l’esterno, portando il palmo mano sulla testa. In questo caso il test è positivo se allevia la sintomatologia.
- Test di distrazione: il paziente è in posizione seduta mentre l’esaminatore, posizionato alle sue spalle, afferra saldamente il capo con entrambe le mani ed effettua una trazione del rachide cervicale. Anche n questo caso il test è positivo se allevia i sintomi del soggetto.
- ULTTA Test neurodinamico: la sequenza di azioni da compiere è la seguente: posizionare il paziente il posizione supina, abduzione spalla fino a 90 - 110 gradi, rotazione esterna della spalla, supinazione dell’avambraccio, estensione del polso e delle dita, estensione del gomito, inclinazione del capo dal lato opposto a quello dolorante. Il test è positivo se riproduce i sintomi.
- Rotazione del rachide cervicale ipsilaterale inferiore a 60°
Diagnosi differenziale
La radicolopatia cervicale può presentare alcuni segni e sintomi simili ad altre patologie. È di fondamentale importanza durante la valutazione riconoscere le caratteristiche principali di queste condizioni per giungere ad una corretta diagnosi ed intraprendere precocemente il trattamento più adeguato. Tra le principali troviamo:
- Sindrome di Parsonage Turner
- Sindrome dello stretto toracico
- Sindrome del tunne cubitale
- Sindrome del tunnel carpale
- Tendinite della spalla
- Spalla congelata
- Lesione della cuffia dei rotatori
- Cervicalgia
Imaging
La diagnosi di radicolopatia è principalmente clinica ed è basata sulla raccolta delle informazioni del paziente, compresi i segni e sintomi lamentati, in associazione alla valutazione clinica e ad un eventuale esame neurologico. In questo contesto gli esami strumentali possono aiutare a confermare l’ipotesi diagnostica o ad escludere eventuali altre patologie presenti. Principalmente possono essere utilizzati:
- Radiografia: non è utile per fare diagnosi ma potrebbe permettere di osservare la presenza di osteofiti che possono far ipotizzare una radicolopatia e quindi la necessità di ulteriori indagini.
- Risonanza magnetica: è l’esame di prima scelta quando si ipotizza una radicolopatia cervicale. Questa permette di osservare il disco intervertebrale e le radici nervose e quindi consente di valutare eventuali anomalie e determinare il livello coinvolto.
- TAC: è utile per identificare con precisione la degenerazione del rachide cervicale, come la formazione di osteofiti, artropatia delle faccette, ossificazione dei legamenti ecc.
Anche nella radicolopatia, come in altre patologie, bisogna interpretare con attenzione i risultati degli esami strumentali in quanto, molto spesso, dei reperti anomali (come degenerazione del disco, protrusione, ecc.) sono osservati anche nei soggetti sani e senza alcun sintomo. In altre parole, quello che viene osservato alla risonanza magnetica o alla radiografia potrebbe non essere la causa dei sintomi del paziente. Per questo è necessario integrare tali risultati con l’anamnesi e la valutazione clinica, al fine di giungere ad una corretta diagnosi.
Trattamento
Il trattamento per la radicolopatia cervicale varia in base alle caratteristiche della condizione e alla gravità dei sintomi. Solitamente si inizia con la gestione conservativa (non chirurgica) che comprende diverse modalità di intervento utilizzate in combinazione tra loro.
Di fondamentale importanza è l’educazione del paziente in cui questo riceve informazioni dettagliate circa la sua condizione e le modalità di recupero. Tranquillizzare ed informare il soggetto permetterà una maggior aderenza al trattamento proposto con risultati ottimali sull’esito finale. Indispensabile è, infatti, una partecipazione attiva e costante del soggetto all’intero percorso. Il fisioterapista può, inoltre, consigliare cambiamenti nelle attività o nelle posture per evitare quelle che aggravano i sintomi, sostituendole con altre più adeguate e raccomandare uno stile di vita sano e attivo.
Un ruolo fondamentale è svolto dalla fisioterapia che, attraverso l’utilizzo di tecniche di terapia manuale (mobilizzazioni, tecniche miofasciali e neurodinamiche) e rieducazione posturale migliora la sintomatologia dolorosa, aiuta a recuperare tutta la gamma di movimenti e la funzionalità e a ridurre, quindi, la disabilità associata. L’esercizio terapeutico è fondamentale nel percorso di riabilitazione in quando aiuta il paziente ad alleviare i sintomi, eliminare i compensi che inevitabilmente mette in atto per alleviare il dolore e rinforzare la muscolatura del collo e della scapola al fine di recuperare la forza e la stabilità. Gli esercizi sono svolti inizialmente con il fisioterapista ma devono essere poi continuati con costanza in autonomia per mantenere i risultati ottenuti e raggiungere la guarigione completa.Anche i farmaci come il cortisone, se prescritti dal medico di riferimento, possono aiutare a ridurre il dolore radicolare.
Quando il trattamento conservativo non allevia la sintomatologia dopo un periodo di 6 settimane o nel caso di pazienti con deficit neurologici progressivi, deficit motori, fratture o altri segni di instabilità cervicale, è indicato un trattamento di tipo chirurgico. L’intervento più adeguato, tra le diverse modalità presenti, è deciso dal chirurgo in base alle caratteristiche della patologia e del soggetto.
A seguito dell’operazione chirurgica, è necessario intraprendere precocemente un percorso di riabilitazione fisioterapica al fine di recuperare la mobilità e la funzionalità del collo, diminuendo significativamente la disabilità associata e tornare a svolgere tutte le attività compromesse.
MESSAGGIO
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