La frattura dell’omero prossimale è una lesione comune negli anziani ed è la terza frattura più frequente nei pazienti di età superiore ai 65 anni. Le donne sono maggiormente colpite rispetto agli uomini con un rapporto di 2:1. Tale tipologia di frattura è causata da traumi ad elevata energia (come traumi diretti o incidenti sportivi o stradali) o traumi a bassa energia (come ad esempio delle semplici cadute). I pazienti con una frattura prossimale dell’omero lamentano dolore alla spalla, con impossibilità ad alzare l’arto coinvolto o a caricare dei pesi. Nella maggior parte dei casi il trattamento è di tipo conservativo (non chirurgico) realizzato attraverso una iniziale immobilizzazione dell’arto con un tutore e successiva riabilitazione fisioterapica a seguito del consolidamento della frattura. In una minoranza di casi, quando le fratture risultano essere più gravi e complesse, viene indicato l’intervento chirurgico attraverso l’utilizzo di diverse tecniche come pinning percutaneo, osteosintesi con chiodo endomidollare, osteosintesi con placca e viti o protesi.
Anatomia
L’omero è un osso che forma lo scheletro del braccio. La sua parte prossimale si articola con la cavità glenoidea della scapola per formare l’articolazione della spalla (articolazione glenomerale) permettendo ampi movimenti dell’omero su tutti i piani, in particolare flessione, estensione, abduzione, adduzione, rotazione esterna, rotazione interna e circonduzione. Le strutture principali dell’omero prossimale sono:
- Testa dell’omero
- Collo anatomico
- Collo chirurgico
- Grande tuberosità (in cui si inseriscono i tendini sovraspinoso, sottospinoso e piccolo rotondo)
- Piccola tuberosità (in cui si inserisce il tendine sottoscapolare)
Tra le due tuberosità è presente il solco bicipitale o intertubercolare, in cui passa il tendine del capo lungo del muscolo bicipite brachiale.
Epidemiologia
Le fratture prossimali dell'omero rappresentano il 5-6% di tutte le fratture generali nei soggetti adulti. L’incidenza complessiva è compresa tra il 4% e il 6% e le donne sono coinvolte maggiormente rispetto agli uomini, con un rapporto di 2:1. La maggior parte di tali lesioni si verifica nei soggetti di età superiore ai 65 anni.
Si stima che, con l’aumento dell’aspettativa di vita della nostra popolazione, vi sarà anche un aumento dell’incidenza delle fratture dell’omero.
Eziologia
La frattura dell’omero prossimale è causata da traumi che possono essere di due tipologie: i traumi ad elevata energia che coinvolgono principalmente i soggetti giovani (sotto i 40 anni) che subiscono un incidente stradale in auto o moto o che svolgono sport come sci, snowboard, calcio, rugby e altri sport di contatto, e traumi a bassa energia, che osserviamo soprattutto nei soggetti più anziani (sopra i 65 anni). In quest’ultimo caso, a causa della ridotta densità e qualità ossea (dovuta ad osteoporosi e/o ad osteopenia), è sufficiente una semplice caduta dalla posizione eretta, da una scala o, più in generale, da un’altezza non significativa,, per causare la frattura dell’omero.
Principalmente nei soggetti di età avanzata, è possibile osservare anche delle concomitanti lesioni neurovascolari come ad esempio la lesione del nervo ascellare o, in circa il 5% dei casi, anche una lesione arteriosa.
Classificazione
Le classificazioni più utilizzate nell’ambito della frattura dell’omero prossimale sono principalmente due.
La classificazione di Neer si basa sul grado di coinvolgimento e spostamento dei quattro principali segmenti di frattura visibili su radiografie o durante l'intervento chirurgico. Tali segmenti sono: la testa dell’omero, la grande tuberosità (trochite), la piccola tuberosità (trochine) e la diafisi omerale (corpo). La frattura si considera scomposta se due frammenti si allontanano di oltre 1 cm o se un frammento presenta una rotazione maggiore di 45° rispetto ad un altro.
- Frattura 1: può coinvolgere da uno a quattro frammenti e nessuno di questi è spostato
- Frattura 2: può coinvolgere da due a quattro frammenti e uno solo di questi è spostato
- Frattura 3: può coinvolgere da tre a quattro frammenti e due di questi sono spostati
- Frattura 4: sono coinvolti tutti e quattro i frammenti e tre sono spostati
La classificazione prevede, inoltre, un’ulteriore suddivisione in fratture-lussazioni della testa omerale.
La classificazione AO, invece, identifica le fratture in tre gruppi principali e tre sottogruppi aggiuntivi in base alla posizione della frattura, allo stato del collo chirurgico e alla presenza o assenza di lussazione.
- Le fratture di tipo A sono fratture extra-articolari e unifocali che includono la grande tuberosità o il collo chirurgico.
- Le fratture di tipo B sono fratture bifocali che includono alcune lussazioni.
- Le fratture di tipo C sono tutte fratture del collo anatomico intra-articolari, inclusa la lussazione e la scissione della testa dell'omero.
Caratteristiche e Sintomi
La frattura dell’omero prossimale è caratterizzata da alcuni segni e sintomi riferiti dal soggetto e osservati durante la valutazione iniziale. Tra i principali è possibile indicare:
- Presenza di un trauma rilevato durante l’anamnesi iniziale
- Dolore a livello della spalla
- Impossibilità ad alzare l’arto coinvolto
- Impossibilità a caricare sull’arto interessato e quindi, ad esempio, a portare dei pesi
- Gonfiore
- Ematoma/versamento
- Possibile deformità a livello della spalla
- Possibili lesioni vascolari e nervose
È molto comune osservare un “atteggiamento di difesa” nel paziente che ha subito una frattura dell’omero, cioè il soggetto si presenterà con il tronco leggermente flesso (“chiuso su se stesso”) e con l’arto sano che sostiene l’arto coinvolto tenendolo “attaccato” al tronco. Tutto questo risulta utile per alleviare leggermente il dolore ed evitare movimenti che potrebbero esacerbare i sintomi presenti.
Diagnosi differenziale
È utile distingue la frattura prossimale dell’omero da altre condizioni che con questa condividono alcuni segni e sintomi. Tra le più significative troviamo:
- Frattura distale dell’omero
- Lussazione acromion-claveare
- Lesione della cuffia dei rotatori
- Frattura della scapola
- Sindrome di Parsonage-Turner
- Spalla congelata
- Tendinite della spalla
- Frattura della clavicola
Imaging
Per la diagnosi di frattura prossimale dell’omero o per la scelta della tipologia di intervento chirurgico da utilizzare, è di fondamentale importanza l’utilizzo di esami strumentali. Quelli principalmente indicati in questi casi sono:
- Radiografie: le RX, effettuate in diverse proiezioni, permettono di osservare la frattura in questione. In alcuni casi, però, non permetto un’analisi approfondita di alcuni aspetti che sarebbero fondamentali ai fini diagnostici.
- TAC: è di grande utilità nelle fratture particolarmente comminute, in quanto consente di osservare approfonditamente i vari frammenti e può fornire informazioni aggiuntive sia per la classificazione della frattura che per la pianificazione dell’operazione chirurgica. Inoltre, può essere utile anche per la valutazione delle eventuali fratture associate.
- Risonanza magnetica: è utilizzata per indagare approfonditamente lo stato dei tessuti molli e quindi osservare l’eventuale presenza di lesioni associate (per esempio ai muscoli o ai legamenti).
Trattamento
Il trattamento della frattura dell’omero prossimale può essere di tipo conservativo o di tipo chirurgico.
Il trattamento conservativo (o non operatorio) è quello maggiormente utilizzato quando vi è questo tipo di lesione. Infatti, circa il 75-80% dei pazienti con frattura prossimale dell’omero viene gestito in modo non chirurgico. L’obiettivo generale di questo tipo di trattamento è quello di portare il paziente ad un rapido ritorno alle prestazioni fisiche e allo stato funzionale che era presente prima della frattura.
L’arto coinvolto verrà dunque immobilizzato attraverso un tutore, per un periodo variabile di tempo che verrà scelto dal chirurgo ortopedico sulla base delle caratteristiche del paziente e della frattura. In questo lasso di tempo il soggetto verrà sottoposto ad esami strumentali di controllo per valutare il grado di consolidamento della frattura e lo stato generale della lesione.
Tale immobilizzazione può durare circa 3-4 settimane anche se, alcuni studi hanno dimostrato tassi di recupero molto più rapidi con una mobilizzazione precoce a 72 ore dal trauma. Questo, ovviamente, è possibile sono in alcuni rari casi quando, cioè, le caratteristiche della frattura e del paziente lo rendono possibile.
A seguito della rimozione dell’immobilizzazione, il paziente potrà iniziare il percorso di fisioterapia, inizialmente attraverso delle mobilizzazioni passive, per passare poi a mobilizzazioni attive e aumento del carico. Il fisioterapista in questo contesto aiuterà il paziente a:
- Recuperare l’articolarità della spalla
- Recuperare la forza muscolare dell’arto attraverso specifici esercizi per l’arto superiore
- Rispristinare la corretta funzionalità dell’arto grazie ad un training propriocettivo
- Recuperare il completo range di movimento dell’arto per permettere al soggetto un rapido ritorno alle normali attività quotidiane precedentemente svolte
Il trattamento di tipo chirurgico, invece, è indicato nei casi di fratture instabili o scomposte che rappresentano il 15-20% di tutte le fratture dell'omero prossimale. L’obiettivo dell’intervento è quello di alleviare il dolore, ripristinare la normale anatomia della porzione prossimale dell’omero e garantire una stabilità articolare al fine di ottimizzare la funzionalità dell’arto. Esistono diverse tecniche chirurgiche che possono essere utilizzate e che il chirurgo ortopedico sceglierà sulla base delle caratteristiche della frattura e del paziente. Nello specifico troviamo:
- Il pinning percutaneo: è una tecnica minimamente invasiva utilizzata nei casi di fratture di complessità lieve. Il chirurgo introduce i fili di Kirschner per via percutanea stabilizzando la frattura e rimuovendoli successivamente dopo alcune settimane. Questa tecnica permette una dissezione minima dei tessuti molli della spalla con il vantaggio di ridurre la possibile rigidità e la formazione di una cicatrice, consentendo eccellenti risultati funzionali dopo la guarigione della frattura.
- L’osteosintesi con chiodo endomidollare: è indicata nelle fratture del collo chirurgico e in quelle combinate con la diafisi (corpo) dell’omero. Questo viene inserito nel canale midollare dell’omero e viene successivamente stabilizzato attraverso delle viti. Il chiodo è indicato per preservare l'afflusso di sangue e ridurre al minimo le lesioni dei tessuti molli indotte chirurgicamente. La principale limitazione di questa tecnica è che il punto di inserimento del chiodo è vicino all'inserzione della cuffia dei rotatori e questo potrebbe influenzarne il movimento e i risultati funzionali.
- L’osteosintesi con placca e viti: è una tecnica più invasiva delle precedenti ma che permette di ripristinare la corretta anatomia dell’articolazione della spalla. È utilizzata nei casi più complessi e nei pazienti giovani con elevate richieste funzionali.
- L’emiartroprotesi: è una protesi anatomica in cui viene sostituita la testa dell’omero ma non la glena della scapola. La protesi può essere impiantata nelle fratture complesse dell’omero per evitare la necrosi avascolare della testa dell’omero, oppure quando il paziente presenta una scarsa qualità ossea, quando potrebbe esserci una potenziale perdita della fissazione, quando vi è il rischio di mancato consolidamento o la presenza di scarsi risultati funzionali in seguito ad altre operazioni chirurgiche.
- La protesi inversa: è utilizzata quando vi è una lesione irreparabile della cuffia dei rotatori, è presente una frattura complessa con un numero di frammenti particolarmente elevato e/o vi è un’artrosi nei pazienti anziani. In questa tipologia di protesi viene cambiata l’anatomia delle superfici articolari, spostato il centro di rotazione e vi sarà una sostituzione funzionale della cuffia dei rotatori con il muscolo deltoide.
Dopo l’intervento chirurgico è di fondamentale importanza iniziare un percorso di riabilitazione il più precocemente possibile, al fine di evitare una eventuale rigidità dell’articolazione. La fisioterapia ha come obiettivi fondamentali quelli di aiutare il paziente a gestire il dolore alla spalla, recuperare il completo range di movimento dell’arto superiore, lavorare sul rinforzo muscolare, ripristinare la corretta meccanica dell’arto superiore per tornare rapidamente allo svolgimento delle attività quotidiane e sportive. Per raggiungere tali traguardi il fisioterapista si avvale di mobilizzazioni, esercizi specifici e training neuromuscolare e propriocettivo, programmando il percorso riabilitativo sulla base delle peculiari caratteristiche dei singoli soggetti.
Complicazioni
A seguito dell’intervento chirurgico, i soggetti con una frattura prossimale dell’omero possono andare incontro ad alcune complicanze, causate da diversi fattori. Tra queste troviamo:
- Mancata consolidazione della frattura
- Errata unione della frattura
- Necrosi avascolare
- Rigidità post traumatica o post operatoria
- Artrosi post traumatica
- Sindrome dello stretto toracico
- Infezione
- Recupero incompleto del rom
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