La spalla congelata, o capsulite adesiva, è una patologia estremamente invalidante che colpisce l’articolazione della spalla, principalmente negli adulti di mezza età. La causa specifica di tale condizione non è ancora chiara ma è noto che tale condizione è caratterizzata da un’infiammazione iniziale e una conseguente fibrosi capsulare. I pazienti colpiti riferiscono dolore alla spalla con limitazione graduale di tutti i movimenti e quindi perdita della funzionalità dell’intero arto superiore. Questo porta, inevitabilmente, a difficoltà nella gestione delle attività quotidiane, sportive e lavorative. Il trattamento è, solitamente, di tipo conservativo con fisioterapia e iniezioni di cortisone ed anestetico nell’articolazione della spalla. Nei casi più gravi o qualora il soggetto non trovasse sollievo dai sintomi con la sola gestione conservativa, è possibile che venga indicato un intervento chirurgico. Il recupero potrebbe essere molto lento, ma una terapia precoce e l’impegno costante da parte del paziente, permetteranno sicuramente una ripresa più rapida.
Epidemiologia
La spalla congelata si presenta nel 2-5% della popolazione generale e si verifica più comunemente nei soggetti con un’età compresa tra i 40 ei 60 anni: l’insorgenza prima dei 40 anni e dopo i 70 anni solitamente è rara. Inoltre, può essere osservata fino al 20% nei pazienti diabetici nei quali però tale condizione è spesso più grave e più resistente al trattamento.
In generale le donne hanno maggiori probabilità di sviluppare una spalla congelata rispetto agli uomini.
Infine, il 10-20% dei soggetti affetti avrà una ricorrenza sulla spalla opposta dopo che la prima si è risolta, solitamente entro 5 anni. La spalla non dominante ha una probabilità leggermente maggiore di essere colpita, mentre sono rari il coinvolgimento simultaneo bilaterale e una recidiva sulla stessa spalla interessata.
Eziologia
La causa della spalla congelata, ad oggi, non è ancora del tutto chiara. Gli studi suggeriscono che questa condizione è caratterizzata da due fenomeni principali: un’iniziale infiammazione, seguita da una fibrosi capsulare. In entrambe queste fasi il fenomeno scatenante non è attualmente conosciuto. Quello che, ad oggi, sappiamo è che tale patologia origina a causa di un’infiammazione della capsula articolare della spalla, senza che vi sia uno specifico evento scatenante. Inizia, di seguito, una cascata biologica con conseguente fibrosi, il segno distintivo della contrattura della capsula gleno-omerale, che porta al quadro caratteristico della spalla congelata.
Il termine capsulite adesiva, anche se ancora utilizzato, in realtà non risulta essere corretto poiché, sebbene siano presenti una sinovite e una fibrosi della capsula articolare, tale patologia non è associata ad aderenze della capsula.
Fattori di rischio
Anche se non è ancora chiara la causa specifica di tale condizione, è però possibile individuare alcuni fattori di rischio che, se presenti, possono aumentare la probabilità di sviluppare la spalla congelata. Tra i numerosi, possiamo indicare:
- Diabete
- Disturbi della tiroide
- Storia familiare positiva
- Morbo di Dupuytren
- Immobilizzazione della spalla a seguito di un trauma o di un intervento chirurgico
- Sesso femminile
- Alcuni studi riportano associazioni con: emiplegia (ictus), morbo di Parkinson, chirurgia cardiaca e toracica
Classificazione
È possibile individuare due tipologie di spalla congelata (primaria e secondaria), classificate sulla base delle cause identificate:
- Primaria (o idiopatica): può insorgere spontaneamente. In questi casi, infatti, non può essere identificata una causa sottostante o una condizione associata o comunque la condizione è riconducibile ad un evento minimo.
- Secondaria: include i casi di spalla congelata in cui può essere identificata una causa (ad esempio, a seguito di un trauma). Questa tipologia è stata a sua volta suddivisa in:
- Intrinseca, causata da lesione della cuffia dei rotatori, calcificazione della spalla, ecc.
- Estrinseca, dovuta a condizioni che non coinvolgono direttamente la spalla come fratture della clavicola, fratture dell’omero, ecc.
- Sistemica, causata da diabete, ipertiroidismo, ipotiroidismo o altre condizioni metaboliche.
Caratteristiche e Sintomi
La spalla congelata è caratterizzata da diversi sintomi che ne permettono il riconoscimento. Quelli che il paziente lamenta più frequentemente sono:
- Dolore diffuso alla spalla o localizzato all’inserzione del deltoide, con esordio progressivo e insidioso. Questo è presente a riposo e durante tutti i movimenti dell’arto ed ha una scarsa risposta ai farmaci antinfiammatori non steroidei. Il dolore notturno (caratteristico di questa condizione), rende il paziente incapace di dormire sull’arto interessato ed è il sintomo principale che spinge i soggetti a rivolgersi ad un medico. In generale, il dolore può irradiarsi in basso verso il gomito o, nei casi più gravi, scendere verso il polso.
- Rigidità progressiva della spalla
- Perdita graduale del movimento attivo e passivo in tutte le direzioni tanto da influenzare tutte le attività della vita quotidiana, come vestirsi, allacciarsi il reggiseno, lavarsi, portare pesi (ad esempio buste della spesa), prendere qualcosa da uno scaffale o appendere i vestiti
- Ansia e disabilità che possono essere estremamente invalidanti e avere un impatto su quasi ogni aspetto della vita quotidiana, lavorativa e sportiva
- Potrebbe essere presente atrofia dei muscoli della spalla a causa dello scarso utilizzo dell’arto coinvolto
Mentre in passato molti autori ritenevano che la spalla congelata fosse una condizione con risoluzione spontanea (autolimitante) nel giro di due anni, gli ultimi studi hanno mostrato una prognosi più variabile, con risoluzione in molti casi incompleta in questo lasso di tempo. Inoltre, fino al 50% dei pazienti continua a lamentare sintomi anche dopo 10 anni dalla prima presentazione, soprattutto in riferimento al dolore e alla limitazione del movimento.
In generale, la durata media di tale condizione è di 30,1 mesi (intervallo 12 - 42 mesi), con tempi di recupero variabili che dipendono da numerosi fattori.
È importante sottolineare che in letteratura vengono distinte diverse fasi attraverso cui evolve la spalla congelata. La suddivisione che risulta essere più convenzionale, prevede lo sviluppo di tale condizione in tre fasi:
- Fase di congelamento, che dura dai due ai nove mesi. Questa fase è caratterizzata da forte dolore che prevale sulla limitazione dei movimenti. Il soggetto, quindi, riesce a svolgere le proprie attività anche se con dolore mentre, gradualmente, la gamma di movimento inizia a restringersi.
- Fase congelata, che dura dai quattro ai dodici mesi. È caratterizzata dal prevalere della limitazione del movimento sul dolore: quest’ultimo, infatti, inizia a ridursi e, allo stesso tempo, i movimenti sono sempre più limitati.
- Fase di scongelamento, che dura dai cinque mesi ai due anni. Il dolore continua a diminuire e il range di movimento viene lentamente recuperato, con una graduale scomparsa della rigidità. Ci si avvia verso una risoluzione spontanea della sintomatologia.
Diagnosi differenziale
È utile indicare alcune condizioni che condividono segni e sintomi con la spalla congelata. È importante conoscerle per arrivare ad una corretta diagnosi nel minor tempo possibile e intraprendere precocemente il trattamento più adeguato. Le principali sono:
- Sindrome di Parsonage Turner
- Tendinite calcifica
- Lesione della cuffia dei rotatori
- Tendinite della cuffia dei rotatori
- Artrosi della spalla
- Lussazione della spalla
Imaging
La diagnosi di spalla congelata è essenzialmente clinica, quindi basata sulla storia del soggetto e sulla valutazione iniziale e normalmente non richiede indagini approfondite. Gli esami strumentali, però, possono aiutare il medico di riferimento ad escludere alcune condizioni concomitanti che potrebbero generare sintomi simili a quelli della spalla congelata. Nello specifico:
- Radiografia: serve per escludere diverse patologie come artrosi, osteonecrosi della testa dell’omero o un tumore.
- Ecografia: raramente utilizzata in questi casi, potrebbe rilevare la diminuzione dello spazio intrarticolare caratteristico di questa patologia.
- Risonanza magnetica: permette un’osservazione approfondita dei tessuti molli come legamenti, tendini e cartilagine, aiutando nella diagnosi differenziale in caso di situazioni dubbie.
Trattamento
Il trattamento della spalla congelata ha come obiettivi fondamentali la riduzione del dolore, il recupero dell’intera gamma di movimento e della funzionalità della spalla.
Inizialmente la gestione è di tipo conservativo (non chirurgico): la fisioterapia è, in genere, il primo approccio terapeutico che viene precocemente prescritto per cercare di prevenire sin subito un'ulteriore limitazione del movimento e per ristabilirlo successivamente. Comunemente vengono utilizzate mobilizzazioni passive dell’articolazione della spalla e stretching capsulare. Inoltre, attraverso esercizi specifici, realizzati in base alle caratteristiche individuali del paziente, è possibile ottenere una riduzione del dolore e un rinforzo muscolare della scapola e della cuffia dei rotatori per aumentare la forza e la resistenza. Il fisioterapista svolge un ruolo importante anche nell’educazione al paziente in quanto dà informazioni dettagliate circa le caratteristiche della patologia, i metodi di recupero e le modalità previste e lo incoraggia nel mantenimento costante dell’impegno. Ma, allo stesso tempo, un ruolo altrettanto significativo è svolto anche dal paziente, poiché la sua partecipazione attiva e l’aderenza completa e continua al percorso di riabilitazione (per esempio, svolgere a casa tuti gli esercizi che verranno assegnati) permette un recupero migliore in tempi ridotti.
Anche le infiltrazioni intra-articolari di cortisone ed anestetico nell'articolazione della spalla, solitamente in numero da uno a tre, risultano avere risultati positivi nella gestione della sintomatologia della spalla congelata, soprattutto se utilizzate nelle prime fasi della patologia, quando è presente l’infiammazione, in quanto forniscono un rapido e immediato sollievo dal dolore.
È stato osservato che l’utilizzo combinato di tali iniezioni e fisioterapia, porta a significativi miglioramenti in termini di riduzione del dolore e della disabilità e recupero del range di movimento e della funzionalità della spalla.
Nel caso in cui il trattamento conservativo non apporti benefici alla sintomatologia e la disabilità funzionale persiste nonostante un adeguato trattamento non operativo per sei mesi o nei casi di pazienti che non sono in grado di tollerare il dolore e la disabilità associati alla condizione, possono essere indicate altre tipologie di trattamento:
- La manipolazione sotto anestesia la quale, nonostante abbia avuto successo in molti pazienti, è stata segnalata come causa di varie complicazioni come: frattura dell'omero, lussazione della spalla, lesione del cercine glenoideo, lesione della cuffia dei rotatori, ecc.
- L'operazione chirurgica, cioè il rilascio capsulare tramite artroscopia alla spalla, generalmente da prendere in considerazione solo dopo che le misure conservative e, in seguito, la manipolazione sotto anestesia, non hanno prodotto risultati positivi.
È ovvio che il tipo di trattamento da utilizzare deve essere regolato sulla base della gravità della condizione e delle caratteristiche individuali del soggetto, in quanto le presentazioni cliniche differiscono tra i diversi pazienti. Infine, è utile specificare che a seguito dei trattamenti appena descritti, il paziente dovrà intraprendere un percorso di riabilitazione fisioterapica al fine gestire ed eliminare il dolore, rinforzare la muscolatura dell’intero arto superiore per permettere un recupero dell’intera gamma di movimento e quindi migliorare la funzionalità dell’arto coinvolto, con l’obiettivo ultimo di tornare a svolgere senza dolore o limitazione tutte le attività quotidiane, lavorative e sportive precedentemente abbandonate o limitate a causa della sintomatologia, migliorando così la qualità di vita generale.
Messaggio
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