Le patologie che interessano il tendine d’Achille sono principalmente due: l’infiammazione (o tendinopatia achillea) e la rottura. Entrambe sono collegate ad un utilizzo eccessivo e ripetuto del tendine, dovuto allo svolgimento di attività sportive come il calcio, la corsa ecc. o di lavori che richiedono sforzi e stress eccessivi. L’età del paziente, il peso corporeo elevato o lesioni precedenti, giocano sicuramente un ruolo fondamentale nello sviluppo di tale condizione.
Il trattamento varia sulla base della patologia riscontrata: in presenza di un’infiammazione del tendine d’Achille si opta principalmente per un trattamento di tipo conservativo, caratterizzato da riposo relativo, fisioterapia ed esercizi; la rottura del tendine, invece, potrebbe più frequentemente richiedere un intervento chirurgico per la sua riparazione, seguito sempre dall’indispensabile percorso di riabilitazione post-chirurgica.
Anatomia
Il tendine d’Achille è uno dei tendini più grandi e più forti del corpo umano, con un’elevata capacità di resistere a grandi forze di trazione. È sottoposto continuamente a stress significativi e a carichi molto elevati che superano fino a 10 volte il peso del corpo durante la corsa e il salto. Nonostante la sua forza e resistenza, è uno dei tendini maggiormente interessati da lesioni e patologie, con un’incidenza crescente soprattutto negli ultimi anni, dovuta a una maggiore partecipazione a sport ad elevato impatto fisico. L’interessamento del tendine d’Achille, infatti, è osservato particolarmente negli atleti che praticano sport come il calcio, il tennis, la corsa, il basket, l’atletica e la pallavolo. In particolare nei corridori (runners) le patologie del tendine d’Achille sono 10 volte più frequenti rispetto alla popolazione generale.
Anatomicamente il tendine d’Achille ha origine dai muscoli gastrocnemio e dal muscolo soleo (che insieme formano la struttura anatomica definita “tricipite della sura”) e si inserisce posteriormente sul calcagno. Il muscolo gastrocnemio è formato da due capi (quello mediale, più grande e più lungo, e quello laterale, più corto) i quali hanno origine rispettivamente dalla parte posteriore del condilo femorale mediale e del condilo femorale laterale. Il muscolo soleo, invece, è piatto e ha origine dalla tibia posteriore e dal perone. Questo si fonde con il gastrocnemio per formare il tendine d’Achille e contribuisce al mantenimento della posizione eretta, impedendo al corpo di cadere in avanti.
Tra il calcagno e il tendine è presente la borsa retrocalcaneare mentre tra il tendine e la cute vi è la borsa retroachillea: queste due strutture hanno il compito di ridurre l’attrito tra il tendine e l’osso durante il movimento e attutire gli urti.
Il tendine d’Achille trasmette la forza dal muscolo all’osso per generare il movimento articolare: svolge, quindi, un ruolo fondamentale durante la deambulazione, la corsa, il salto e permette la stabilizzazione e la flessione plantare della caviglia.
La lunghezza media del tendine è di 15 cm (con un range variabile tra 11 cm e 26 cm), con una larghezza media all’origine di 6,8 cm (con un range che varia tra 4,5 cm e 8,6 cm), la quale diminuisce gradualmente nella porzione centrale (in media 1,8 cm).
Il tendine d’Achille, inoltre, presenta tre principali aree vascolarizzate:
- La porzione mediale, irrorata dall’arteria peroneale
- La porzione prossimale, irrorata dall’arteria tibiale posteriore
- La porzione distale irrorata, anch’essa, dall’arteria tibiale posteriore
La porzione centrale del tendine è, però, scarsamente vascolarizzata rispetto alle altre: questo può spiegare la maggiore incidenza di lesioni in questa specifica sede, probabilmente a causa di una inadeguata riparazione dei tessuti dopo lesioni o traumi dovuta alla ridotta irrorazione.
Infine, è necessario specificare che con l’avanzare dell’età, il tendine diminuisce di spessore e le proprietà elastiche si modificano con conseguente aumento della rigidità. Inoltre, l’immobilizzazione e l’assenza di attività fisica, hanno effetti negativi sullo stato di salute e sulle proprietà del tendine d’Achille, anche nei soggetti più giovani.
Patologie
Le principali patologie e condizioni che possono colpire il tendine d’Achille sono l’infiammazione del tendine e la rottura.
INFIAMMAZIONE DEL TENDINE D’ACHILLE
L’infiammazione del tendine d’Achille, definita anche tendinopatia achillea, è una delle principali patologie che interessano la caviglia e il piede. Infatti, circa il 6% della popolazione generale riferisce di aver sofferto di dolore al tendine d’Achille almeno una volta nel corso della propria vita. Questa condizione è osservata maggiormente nei soggetti tra i 30 e i 60 anni, soprattutto uomini e può colpire sia il corpo del tendine (la parte centrale), sia la sua inserzione al calcagno (tendinopatia inserzionale). Interessa in particolar modo gli atleti che praticano sport specifici come il salto, la corsa, il tennis ecc. o mestieri che richiedono carichi elevati e ripetitivi sul tendine.
Infatti, l’infiammazione ha origine proprio a seguito di ripetuti ed eccessivi carichi che superano la normale soglia di sopportazione e resistenza del tendine, in associazione ad un tempo di recupero, riparazione e guarigione non opportuno. La tendinopatia achillea, però, non è presente solo nei soggetti particolarmente attivi fisicamente ma anche nei soggetti sedentari, probabilmente a causa dell’avanzare dell’età (che porta a modificazione nella struttura e nelle proprietà del tendine, come già descritto in precedenza) o a causa di improvvisi carichi su un tendine poco o per nulla allenato.
I sintomi principali di questa condizione sono:
- Dolore graduale al tendine. Nelle prime fasi questo è presente solo all’inizio dell’attività ma con il tempo potrebbe presentarsi anche durante e dopo.
- Palpazione dolorosa dell’area interessata
- Possibili gonfiore e arrossamento
- Possibile rigidità al risveglio o dopo il riposo
La tendinopatia achillea, proprio a causa della sintomatologia invalidante che interferisce con lo svolgimento delle attività di ogni genere, può spesso portare a importanti limitazioni funzionali e ad un ritiro degli atleti dall’attività sportiva svolta. Alcuni fattori di rischio che potrebbero aumentare nel soggetto la probabilità di sviluppare un’infiammazione del tendine d’Achille sono: l’età, l’elevato peso corporeo, la genetica, l’iperpronazione del piede, movimenti limitati della caviglia, precedenti infortuni, allenamenti errati, carichi eccessivi e ripetitivi senza adeguato tempo di riposo.
La rottura del tendine d’Achille è tra le lesioni ai tendini maggiormente osservate nella popolazione generale ogni anno. Anche in questo caso, l’incidenza è in costante aumento proprio a causa di una maggiore partecipazione a sport o attività fisiche che generano un elevato stress continuativo o ripetitivo sul tendine.
Tale patologia interessa principalmente due categorie di pazienti:
- Soggetti tra i 30 e i 40 anni, specialmente atleti di sesso maschile. La rottura del tendine, in questo caso, può essere causata da allenamenti errati, intensi o frequenti o da microtraumi ripetitivi senza tempo necessario per il recupero. In questa categoria rientrano sport specifici che richiedono salti, spinte, partenze improvvise e cambi di direzione che vanno a caricare e stressare eccessivamente e ripetutamente il tendine.
- Soggetti al di sopra dei 60 anni d’età. In questo caso la rottura del tendine può essere causata anche dallo svolgimento di semplici attività quotidiane, senza la presenza di specifici carichi eccessivi. Questo accade in presenza di un tendine già degenerato a causa dell’età e della scarsa vascolarizzazione, che portano a ridotta resistenza alla trazione. Un trauma lieve o una caduta non significativa possono, così, causare la rottura del tendine.
Anche in questa condizione possiamo individuare dei fattori di rischio che aumentano le probabilità di lesione, tra cui: elevato peso corporeo, sesso maschile, età, svolgimento di sport specifici, uso prolungato di fluorochinoloni, lesioni precedenti.
Il paziente che ha subito una rottura del tendine d’Achille riferisce specifici sintomi e, durante l’esame fisico, il professionista può osservare segni caratteristici che permettono di riconoscere la patologia. Tra i principali:
- Dolore circoscritto all’area del tendine
- Sensazione di aver ricevuto un calcio durante la lesione, con concomitante sensazione di schiocco o crack
- Perdita di forza nella flessione plantare
- Zoppia
- Incapacità di camminare, correre, salire o scendere le scale e alzarsi sulla punta dei piedi
- Impossibilità di caricare il peso sull’arto interessato e quindi incapacità di svolgere ogni tipo di azione
- Gonfiore ed edema
La rottura del tendine d’Achille è una condizione particolarmente invalidante poiché, oltre il dolore, non permette al paziente di svolgere le attività quotidiane, lavorative e sportive.
Diagnosi differenziale
Alcuni dei sintomi riferiti dai pazienti con una patologia che interessa il tendine d’Achille, potrebbero essere presenti anche in altre condizioni. Svolgere un completo ed attento esame fisico e analizzare attentamente la condizione del paziente, permetteranno di giungere ad una corretta diagnosi differenziale per intraprendere precocemente l’intervento più adeguato. Tra le patologie principali da escludere, troviamo:
- Fascite plantare
- Frattura calcagno
- Distorsione della caviglia
- Borsite
- Sciatica o lombosciatalgia
- Instabilità della caviglia
- Malattia di Sever
Imaging
L’esame clinico se svolto attentamente e scrupolosamente, in associazione alla sintomatologia riferita dal paziente e quindi alla sua anamnesi, è il pilastro fondamentale e sufficiente per porre diagnosi di lesione al tendine d’Achille. Nonostante i più recenti progressi tecnologici in termini di esami strumentali, questi rimangono un supporto al processo diagnostico. L’imaging, infatti, è utile per confermare l’ipotesi diagnostica, per osservare il grado di severità della condizione o per escludere ulteriori lesioni o patologie, ma non sempre risulta ottimale nella diagnosi. Questo perché anche i soggetti asintomatici (che non presentano alcun sintomo al tendine) posso mostrare all’ecografia o alla risonanza dei segni di alterata struttura tendinea, senza però lamentare sintomatologia riferibile ad una condizione patologica. Integrare gli esami strumentali all’esame fisico e all’anamnesi permetterà sicuramente di ottenere un quadro clinico più chiaro.
Tra i principali strumenti di imaging utilizzati in presenza di dolore al tendine d’Achille, troviamo:
- Radiografia: utilizzata come primo strumento di indagine in questi contesti. Può essere utile per escludere una frattura (come la frattura del calcagno o la frattura dell'astragalo) o altre lesioni che presentano sintomi simili alle patologie del tendine d’Achille.
- Ecografia: permette di evidenziale le lesioni del tendine e di valutarne lo stato di salute.
- Risonanza magnetica: può risultare utile per osservare e valutare lo stato delle articolazioni, della cartilagine e del tendine. Può essere molto utile per una corretta diagnosi differenziale, soprattutto nei casi di dolore al tallone.
Trattamento
Il trattamento più adeguato per le patologie che colpiscono il tendine d’Achille dipende dalla condizione presente e dalle caratteristiche individuali del paziente (il livello di attività, le condizioni generali di salute, l'età ecc.). Una diagnosi rapida e un percorso di trattamento intrapreso precocemente, permetteranno al paziente un recupero ottimale, senza conseguenze negative sullo stato e sulla struttura del tendine.
In generale, i principali obiettivi dei diversi interventi terapeutici sono:
- Riduzione del dolore e del gonfiore
- Recupero della mobilità e della forza della caviglia
- Ritorno alle attività svolte, in assenza di dolore e in sicurezza
In presenza di tendinopatia Achillea (o infiammazione del tendine d’Achille), ad esempio, il trattamento principalmente utilizzato è quello conservativo. In questi casi viene indicato un riposo relativo, con modifiche o riduzioni di tutte quelle attività che potrebbero portare ad un peggioramento della sintomatologia o della condizione. Il riposo assoluto è vivamente sconsigliato poiché potrebbe condurre ad un’ulteriore degenerazione dello stato del tendine o ad una sua rigidità.
In generale, il trattamento conservativo è caratterizzato principalmente dalla fisioterapia, associata all’esercizio terapeutico:
Fisioterapia: attraverso l’utilizzo di tecniche di terapia manuale, come mobilizzazioni e tecniche miofasciali rivolte alla muscolatura, il fisioterapista permetterà il completo recupero articolare della caviglia e del piede (se è presente limitazione), l’aumento della flessibilità muscolare e il miglioramento dello stato di salute generale del tendine. Scaricare il tendine attraverso un rialzo al tallone, soprattutto nelle fasi iniziali della condizione, aiuta a ridurre la sintomatologia, mentre un plantare è utile per migliorare la pronazione del piede.
Esercizio terapeutico: gli esercizi, svolti in modo graduale sotto la guida del fisioterapista seguendo un programma individuale e personalizzato, consentono un miglioramento dello stato del tendine e quindi permettono il rinforzo muscolare dell’intero arto coinvolto e il potenziamento della capacità di carico e sollecitazione cui il tendine è sottoposto durante lo svolgimento di tutte le attività di vita, soprattutto sportive.
Qualora i sintomi del paziente peggiorassero o non trovassero beneficio attraverso il trattamento di tipo conservativo dopo un periodo di 6-12 mesi, l’ortopedico potrebbe optare per l’intervento chirurgico prendendo in considerazione diverse tecniche possibili, scelte sulla base delle caratteristiche del paziente e della condizione.
L’operazione chirurgica risulta essere, invece, la tipologia di trattamento maggiormente utilizzata nei casi di rottura del tendine d’Achille anche se, molto spesso, in presenza di fattori e caratteristiche specifiche può essere intrapreso un percorso di tipo conservativo. Le tecniche di operazione chirurgica per la rottura del tendine sono diverse (chirurgia mini-invasiva, riparazione percutanea, chirurgia aperta) e vengono scelte dal chirurgo ortopedico sulla base della condizione specifica del paziente.
A prescindere dalla tipologia di intervento utilizzato, successivamente il paziente deve necessariamente intraprendere un precoce percorso di riabilitazione post-chirurgica con un fisioterapista. Questo prevede:
- Un iniziale periodo di immobilizzazione dell’articolazione della caviglia al fine di permettere la guarigione e la riparazione del tendine
- Un precoce carico graduale sul tendine per evitare la possibile rigidità
- L’utilizzo di mobilizzazioni passive e attive da parte del fisioterapista per recuperare l’articolarità
- L’utilizzo di esercizi specifici per recuperare la forza muscolare, la stabilità, il completo range di movimento del piede e la piena funzionalità dell’arto inferiore, al fine di tornare a svolgere, senza dolore e senza limitazioni, tutte le attività di vita precedentemente interrotte.
MESSAGGIO
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