La frattura della diafisi dell’omero è una lesione che coinvolge l’arto superiore e che causa gravi limitazioni nelle attività svolte quotidianamente. Interessa in particolare i giovani di sesso maschie sotto i 30 anni e le donne di età superiore ai 60 anni. È causata da numerosi eventi come incidenti stradali, traumi diretti o cadute ed è molto spesso associata ad ulteriori fratture o lesioni. Il trattamento è, nella maggior parte dei casi, di tipo conservativo, costituito da un’iniziale immobilizzazione dell’arto e un successivo percorso di fisioterapia ed esercizio terapeutico. Nei casi più gravi o in presenza di fratture aperte o scomposte, viene indicato l’intervento chirurgico, sempre associato ad un percorso di riabilitazione fisioterapica post-operatorio.
Epidemiologia
La frattura della diafisi dell’omero rappresenta circa l’1-3% di tutte le fratture in generale e circa il 20% delle fratture che interessano l’omero. L’incidenza annuale complessiva è di 13 casi ogni 100.000 soggetti ogni anno, con un costante aumento all’avanzare dell’età: tra la quinta e la nona decade di vita raggiunge il picco di 60 casi ogni 100.000 soggetti l’anno. Sebbene sia riscontrata quasi in egual misura tra uomini e donne, ed è osservata sia nei pazienti giovani che negli anziani, è possibile fare una distinzione basata sull’età, nello specifico:
- Nei pazienti di sesso maschile sotto i 30 anni, è dovuta principalmente a traumi ad elevata energia.
- Nelle pazienti di sesso femminile di età compresa tra i 60 e gli 80 anni, è associata tipicamente a traumi a bassa energia (come ad esempio una semplice caduta).
In età pediatrica le fratture della diafisi omerale sono relativamente rare ed è stimato che siano circa lo 0,4-3% di tutte le fratture pediatriche in generale e circa il 10% delle fratture che coinvolgono l’omero in età pediatrica.
Eziologia
Le cause che possono portare ad una frattura della diafisi dell’omero sono diverse, ma tra le principali è possibile indicare:
- Incidenti in auto o in moto
- Cadute accidentali da diversi livelli (caduta sul braccio)
- Incidenti in bici
- Infortuni sportivi o lavorativi
- Trauma diretto sull’omero (come recentemente si è osservato anche nel pilota di Moto GP Marc Marquez, il quale ha subito una frattura diafisaria dell’omero causata da un colpo diretto della sua moto, ad elevata velocità, sul braccio che lo ha costretto a diverse operazioni ed al ritiro temporaneo dal motomondiale)
- Ferite da arma da fuoco, più rare delle precedenti ma comunque riportate da diversi studi scientifici
Nella maggior parte dei casi, è possibile osservare una distribuzione bimodale basata sull’età del paziente. Infatti, come già accennato in precedenza, è noto che:
- I traumi ad elevata energia sono riscontrati principalmente nei soggetti di sesso maschile al di sotto dei 30 anni, maggiormente impegnati nelle attività fisiche sportive ad alto impatto in misura maggiore rispetto ai pazienti più anziani e rispetto alle donne della stessa età. In questa specifica fascia di popolazione sono osservati con elevata frequenza anche i traumi subiti a seguito di incidenti stradali;
- I traumi a bassa energia, invece, sono associati soprattutto alle donne di età compresa tra i 60 e gli 80 anni. In questi casi, anche una semplice caduta da un’altezza non esageratamente elevata o dalla posizione eretta, potrebbe causare una frattura diafisaria dell’omero. Molto probabilmente, questo è dovuto ad una scarsa qualità ossea o alla presenza di una severa osteoporosi, molto comuni nelle donne di quest’età.
Inoltre, l’energia presente durante il trauma è, ovviamente, direttamente collegata alla gravità della situazione: infatti, incidenti ad elevata energia porteranno, con maggiore probabilità, a fratture scomposte, comminuti ed esposte, in cui subiscono lesioni importanti anche i tessuti molli (nervi, muscoli ecc.). Allo stesso tempo, i traumi ad elevata energia sono molto spesso associati a politraumi, cioè alla concomitante presenza di altre condizioni oltre alla frattura dell’omero che possono interessare l’arto superiore (come la frattura del capitello radiale, la frattura dell’olecrano e la frattura del polso), l’arto inferiore (come una frattura del piatto tibiale, una frattura della tibia e una frattura del bacino) o che coinvolgono la colonna (come ad esempio una frattura vertebrale).
Caratteristiche e Sintomi
Il paziente che ha subito una frattura della diafisi dell’omero riferisce sempre un trauma e questa è una delle caratteristiche fondamentali che permette al professionista di distinguerla da altre condizioni. Sono riscontrati, poi, diversi segni e sintomi che se inseriti all’interno di un’anamnesi completa e in associazione ad una valutazione accurata, aiutano nella diagnosi clinica e differenziale. Tra i principali è possibile individuare:
- Dolore al braccio
- Limitazione dei movimenti
- Impossibilità a sollevare e/o sostenere pesi
- Possibile deformità del braccio o esposizione dell’osso nelle fratture esposte
- Possibile gonfiore
- Possibile livido, ecchimosi
- Molto probabilmente il paziente si presenterà con il braccio mantenuto aderente al tronco, sorretto dalla mano opposta in atteggiamento di difesa, per alleviare il dolore
Il professionista deve svolgere un attento esame clinico valutando anche la possibile presenza di altre fratture, l’integrità della pelle (ad esempio se è presente una lacerazione, come nel caso delle fratture esposte) e lo stato neurovascolare dell’arto coinvolto. Infatti, la frattura della diafisi dell’omero è particolarmente complicata dalla paralisi del nervo radiale. Questa condizione è la lesione più comune del nervo periferico associata a fratture ossee, presentandosi in circa il 12% dei pazienti. Si manifesta tipicamente con diversi sintomi quali:
- Perdita o debolezza della dorsiflessione del polso
- Perdita o debolezza dell’estensione delle dita
- Perdita o debolezza dell’estensione e dell’abduzione del pollice
- Ridotta sensibilità o anestesia sul lato dorsale tra pollice, indice e medio.
Più rare sono invece le lesioni del nervo ulnare e del nervo mediano.
Diagnosi differenziale
Alcuni sintomi e segni della frattura della diafisi dell’omero sono caratteristici di tale patologia, permettendone un riconoscimento agevolato e quindi una diagnosi chiara. Altri, invece, possono essere condivisi anche da altre condizioni e potrebbero ostacolare una rapida diagnosi se non integrati all’interno di una valutazione ampia ed approfondita. Tra le principali problematiche che condividono segni e sintomi con la frattura diafisaria, troviamo:
- Frattura dell’omero prossimale
- Frattura distale dell’omero
- Lussazione acromion claveare
- Lussazione spalla
Imaging
Gli esami strumentali in presenza di una frattura della diafisi dell’omero, sono necessari al professionista per la diagnosi e per la comprensione approfondita della condizione, guidandolo anche nella scelta della tipologia più adeguata di trattamento per quel determinato paziente. Tra i principali:
- Radiografia: permette di osservare la presenza di frattura e di eventuali altre lesioni associate, come spesso avviene in presenza di politraumi. Fornisce però poche informazioni circa la tipologia o il trattamento da intraprendere.
- TAC: può fornire un valido aiuto nell’osservare fratture particolarmente comminute poiché, soprattutto la TAC 3D, permette di indagare accuratamente il numero e la posizione dei frammenti articolari o l’orientamento della linea di frattura, sostenendo anche il professionista nella pianificazione operatoria eventualmente necessaria.
Trattamento
Per quanto riguarda il trattamento per la frattura diafisaria dell’omero è ancora attualmente argomento di forte dibattito. È certo però che questo è personalizzato per ogni singolo paziente e varia sulla base delle caratteristiche specifiche della lesione e le caratteristiche individuali del singolo soggetto. In generale, la maggior parte di queste fratture (sia nella popolazione adulta che pediatrica) può essere gestita in modo conservativo (non chirurgico), poiché è stato osservato che tale tipo di trattamento permette un eccellente recupero dell’intera gamma di movimento e della funzionalità dell’arto, con costi inferiori rispetto alla chirurgia, evitando anche le potenziali complicazioni associate spesso a quest’ultima.
Il trattamento conservativo può includere l’immobilizzazione attraverso un bendaggio o un tutore funzionale. L’arto viene stabilizzato per un periodo di tempo variabile, a discrezione del medico ortopedico, e il paziente verrà sottoposto a visite frequenti e ad imaging di controllo per valutare lo stato di consolidamento della frattura. Quando la lesione sarà guarita e l’ortopedico lo riterrà opportuno, il paziente intraprenderà un percorso di fisioterapia. Questa deve essere avviata precocemente per evitare l’eventuale rigidità del gomito, della spalla o del gomito e la possibile debolezza muscolare (dovute allo scarso utilizzo del braccio per diverso tempo). Così, attraverso specifiche mobilizzazioni passive e attive e grazie ad un training propriocettivo, il fisioterapista permette il recupero completo dei movimenti e dell’articolarità del braccio, per garantire al paziente un rientro alle proprie attività nel più breve tempo possibile. Parte integrante della riabilitazione sono gli esercizi terapeutici che aiutano il soggetto nel processo di rinforzo muscolare dell’intero arto coinvolto ripristinando, in conclusione, anche la corretta funzionalità. È utile precisare che un ruolo fondamentale è giocato dal paziente stesso, il quale deve partecipare attivamente all’intero percorso di recupero, seguendo le indicazioni dei professionisti senza mai scoraggiarsi o demotivarsi.
Il trattamento chirurgico invece, può essere indicato quando siamo in presenza di un politrauma, fratture esposte, fratture bilaterali o se si riscontrano estese lesioni associate dei tessuti molli. Le principali tipologie di intervento chirurgico includono l’utilizzo di un chiodo o di placche e viti per stabilizzare la frattura. La scelta della tecnica più adeguata è a discrezione del chirurgo. Nonostante i vantaggi dell’intervento chirurgico (come ad esempio i ridotti tempi di recupero), questo è spesso associato anche a delle complicanze come infezione o problematiche alla spalla come il conflitto subacromiale (nel caso dell’utilizzo del chiodo intramidollare). In generale una frattura della diafisi dell’omero può portare a conseguenze negative quali paralisi o lesione del nervo radiale, infezione, pseudoartrosi, errata o mancata unione.
Successivamente all’operazione il paziente deve intraprendere un percorso di riabilitazione post-chirurgica per ripristinare il corretto movimento e la piena efficienza dell’arto superiore.
MESSAGGIO
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