La lombosciatalgia (o sciatica) è una patologia riscontrata di frequente nella pratica clinica di fisioterapisti ed ortopedici. Può creare grave disabilità nel soggetto affetto poiché impedisce o limita tutte le attività di vita proprio a causa dei suoi sintomi. Questa infatti è caratterizzata da dolore all’arto inferiore che può essere accompagnato da radicolopatia e quindi da deficit motori, dei riflessi e della sensibilità. La diagnosi di lombosciatalgia è basata sull’anamnesi del paziente e sulla valutazione clinica che, se svolta attentamente e scrupolosamente, permetterà di intraprendere il trattamento più adeguato in tempi rapidi.
Epidemiologia
La lombosciatalgia è una condizione molto comune nella popolazione generale di mezza età. Questa può essere osservata in egual misura sia negli uomini che nelle donne, con differenze per quanto riguarda l’età di esordio: mentre nelle donne, infatti, è riscontrata tra i 50 e i 60 anni, negli uomini ha esordio intorno ai 40 anni. Analizzando i dati presenti in letteratura, emerge che la lombosciatalgia ha una prevalenza compresa tra il 3% e il 5% e un’incidenza che varia tra il 5% e il 10%.
Generalmente, il dolore associato alla lombosciatalgia si risolve entro alcune settimane o alcuni mesi se adeguatamente diagnosticato e trattato, ma una percentuale di pazienti (circa il 30%) può continuare a sperimentare la sintomatologia caratteristica anche a distanza di un anno dal primo episodio. Questa è una condizione invalidante che porta a conseguenze negative anche a livello psicologico e sociale, poiché il soggetto colpito trova difficoltà o impossibilità nella partecipazione e nello svolgimento di attività quotidiane, lavorative e sportive.
Eziologia
Le cause della lombosciatalgia o sciatica possono essere diverse ma il meccanismo patologico di base risulta essere sempre lo stesso: una compressione della radice del nervo e/o una sua irritazione causata da sostanze infiammatorie.
Nella maggior parte dei casi (circa il 90%), il dolore radicolare o la radicolopatia tipici di tale condizioni sono causati da ernia del disco. Questa, riscontrata soprattutto nei pazienti al di sotto dei 50 anni, è dovuta al normale processo di invecchiamento del disco intervertebrale che perde la sua originaria idratazione e si deteriora. Tale processo porta a lesioni e lacerazioni della parte più esterna del disco, con conseguente fuoriuscita di materiale del nucleo polposo che crea una pressione diretta sul nervo interessato o genera irritazione della radice nel nervo a causa di fattori infiammatori neurochimici presenti. Tale processo di degenerazione del disco può essere dovuto a forze eccessive applicate sul disco stesso o a lesioni dovute all’avanzare dell’età. I dischi intervertebrali principalmente interessati sono L4-L5 e L5-S1.
Altre cause importanti che possono portare allo sviluppo di lombosciatalgia includono:
- Stenosi lombare (restringimento del canale vertebrale e dei forami neurali dovuto a degenerazione dei dischi intervertebrali, ipertrofia delle faccette articolari e/o presenza di osteofiti)
- Spondilosi (degenerazione della colonna lombare)
- Spondilolistesi (scivolamento vertebrale)
- Herpes zoster (o fuoco di Sant'Antonio)
- Tumori, metastasi o cisti
Fattori di rischio
Nello sviluppo di tale condizione possono giocare un ruolo fondamentale alcuni fattori che, se presenti nel soggetto, possono aumentare il rischio di sviluppare lombosciatalgia. Tra quelli maggiormente osservati è possibile individuare:
- Età
- Peso corporeo elevato/obesità
- Sport o lavori specifici che richiedono movimenti e carichi eccessivi sulla schiena o sollevamento di oggetti pesanti (ad esempio pesanti lavori manuali)
- Precedente storia di lombalgia
- Fattori psicologici, come ansia e depressione
Caratteristiche e Sintomi
I sintomi principali lamentati dal paziente con lombosciatalgia sono, nella maggior parte dei casi, ad esordio lento e progressivo sebbene a volte possano manifestarsi in modo rapido ed improvviso ed essere intensi e costanti. Questi riferiti durante la prima visita con il professionista permettono spesso, inoltre, di comprendere la causa sottostante la condizione patologica del soggetto e agire, di conseguenza, con il trattamento più adeguato. Il sintomo principale tipico della lombosciatalgia è il dolore alla coscia e alla gamba e può, a volte, raggiungere anche la caviglia e le dita. Questo è definito come acuto, penetrante, bruciante o pulsante. Potrebbe essere presente anche dolore alla schiena, ma risulta essere comunque d’intensità inferiore rispetto al dolore all’arto.
Il dolore aumenta se il paziente si piega in avanti, si siede, con un colpo di tosse o uno starnuto e può essere alleviato durante la camminata o mettendosi sdraiati. Generalmente questo accade quando la causa sottostante è un’ernia del disco, poiché in determinate posizioni o con determinati carichi, la compressione esercitata sulla radice del nervo è maggiore e di conseguenza anche i sintomi saranno esacerbati. Quando invece la lombosciatalgia è dovuta ad una stenosi del canale vertebrale, la sintomatologia sembra alleviarsi se ci si piega con il busto in avanti e peggiorare con la deambulazione.
Associato al dolore radicolare, nella maggior parte dei casi, si può osservare anche la presenza di radicolopatia lombosacrale la quale causa alterazione dei riflessi, della sensibilità e deficit motori con conseguente ridotta forza muscolare, intorpidimento, formicolio ecc.
La distribuzione del dolore e dei deficit descritti aiuta meglio a comprendere quale livello risulta coinvolto nella patologia del paziente e quindi quale nervo è interessato. Infatti, solitamente:
- Un interessamento del nervo L4 può causare dolore alla parte anteriore della coscia e all’aspetto mediale della gamba, con sensibilità alterata in quest’ultima area.
- Un interessamento del nervo L5 può causare dolore alla parte postero-laterale della coscia, lateralmente alla gamba e medialmente al piede, con sensibilità alterata nella gamba laterale, nel dorso del piede e nell’alluce.
- Un interessamento del nervo S1 può causare dolore alla coscia e alla gamba posteriore e alla parte laterale del piede, con sensibilità alterata al polpaccio e all’aspetto laterale del piede (mignolo).
Durante la valutazione è necessario che il professionista ponga attenzione ad alcune informazioni o sintomi particolari (red flags) che potrebbero essere riferiti dal paziente e che necessitano immediatamente di un consulto specialistico approfondito in quanto descrittivi di patologie più importanti. Tra i principali indichiamo:
- Deficit neurologici o progressivi
- Problemi urinari
- Perdita di sensibilità nella zona dei genitali, nella vescica e nel retto
- Progressiva perdita di sensibilità o di funzione motoria delle gambe
- Perdita di peso improvvisa e inspiegabile
- Precedente storia di tumore
Diagnosi differenziale
In presenza di una sintomatologia come quella appena descritta è fondamentale svolgere un attento ed accurato esame fisico per valutare la situazione del paziente e distinguere la lombosciatalgia da altre patologie che con questa condividono numerosi segni e sintomi, tra cui:
- Spondilolistesi
- Mal di schiena
- Frattura vertebrale
- Sindrome della cauda equina
- Trigger point
- Sindrome del piriforme
Imaging
La diagnosi di lombosciatalgia è principalmente clinica, basata sulla storia del paziente, i suoi sintomi e la valutazione obiettiva da parte del professionista. L’associazione di tali elementi permette di comprendere chiaramente la condizione patologica del soggetto. A questi possono essere affiancati esami strumentali quando la situazione non risulta essere abbastanza chiara, quando si vuole escludere un’altra condizione o dopo un periodo di trattamento conservativo senza risultati positivi. Nello specifico:
- La risonanza magnetica è lo strumento principale per lo studio e la valutazione dei tessuti molli (come il disco o la cartilagine) e permette, quindi, di osservare l’eventuale presenza di un’ernia del disco o la possibile compressione del nervo.
- La radiografia potrebbe essere indicata nei casi di sospetta spondilolistesi.
- La TAC, potrebbe essere scelta come alternativa alla risonanza magnetica quando il paziente è claustrofobico o quando vi sono condizioni di incompatibilità con la risonanza (ad esempio la presenza di pacemaker).
È necessario specificare che in letteratura sono davvero numerosi gli studi che riferiscono la presenza di reperti anomali alla risonanza magnetica (come ad esempio ernia del disco) in pazienti che non presentano alcun tipo di sintomo (asintomatici). Questo ci suggerisce di integrare tutte le informazioni ottenute dal paziente e dalla valutazione fisica poiché non sempre i sintomi del soggetto correlano con i risultati ottenuti dall’imaging.
Trattamento
La tipologia di trattamento più adeguato nei casi di lombosciatalgia è decisa sulla base di numerose caratteristiche del paziente e soprattutto della condizione in cui il soggetto si trova. Generalmente, in assenza di sintomi neurologici, la prima opzione indicata è il trattamento di tipo conservativo (non chirurgico). Questo è un approccio multimodale che include diversi elementi e metodologie di intervento. Per iniziare, è di fondamentale importanza l’educazione del paziente: devono essere fornite informazioni dettagliate circa la propria condizione, le modalità e i tempi di recupero. La consapevolezza del proprio stato patologico permetterà anche una maggiore comprensione dell’importanza della propria partecipazione attiva all’intero percorso di riabilitazione. Infatti al paziente verranno consigliate modifiche alle attività svolte e al proprio stile di vita: verrà raccomandato il movimento piuttosto che il riposo al letto per evitare il peggioramento della condizione e lo sviluppo di rigidità. La non aderenza a tali cambiamenti o all’esecuzione di specifici esercizi (di cui parleremo più avanti) risulta essere un problema comune che va ad inficiare il corretto percorso di recupero.
Punti cardine del trattamento conservativo, inoltre, sono la fisioterapia e l’esercizio terapeutico. La fisioterapia, attraverso specifiche tecniche di terapia manuale, permette una riduzione della sintomatologia associata e il recupero del completo range di movimento senza dolore. A questa deve essere associato l’esercizio terapeutico, indispensabile per ridurre l’intensità del dolore e recuperare gradualmente la forza muscolare e il range di movimento compromesso. Tale condizione, infatti, genera atrofia nella muscolatura profonda del rachide lombare: un rinforzo mirato e progressivo della muscolatura coinvolta, quindi, permette di migliorare la stabilità, la forza, il controllo e la biomeccanica della colonna vertebrale agendo, di conseguenza, sulla mobilità articolare. Tutto questo porta alla riduzione della sintomatologia dolorosa e alla prevenzione delle recidive. Il programma di esercizi, messo a punto dal fisioterapista in base alle caratteristiche del paziente, viene svolto inizialmente sotto la supervisione del professionista e proseguito poi in autonomia per il miglioramento e il mantenimento dei risultati raggiunti. Purtroppo, uno dei comportamenti più comuni dei pazienti è la non aderenza al percorso, che porta ad un recupero più lento e spesso incompleto. Infine, la rieducazione posturale è parte integrante del trattamento conservativo e mira a ripristinare una corretta postura con graduale esposizione dei carichi al livello lombare oltre che a migliorare il controllo motorio.
In associazione a tale modalità, il medico potrebbe prescrivere l’utilizzo di alcuni farmaci come FANS (Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei), miorilassanti e cortisone al fine di dare sollievo dal dolore.
Nella gestione conservativa sono indicate anche le infiltrazioni peridurali di cortisone o di ossigeno ozono terapia.
Se il trattamento conservativo non riesce a fornire benefici alla sintomatologia, se i sintomi risultano essere di elevata gravità (deficit neurologici, anestesia a sella ecc.) o se peggiorano nonostante la fisioterapia e l’esercizio, il medico può indicare la necessità di un trattamento chirurgico. La tipologia di operazione più adeguata al caso verrà decisa dal chirurgo di riferimento in base alla causa della lombosciatalgia e alle caratteristiche della condizione e del paziente. In generale, l’obiettivo della chirurgia e quello di alleviare la compressione e l’irritazione della radice nervosa. L’intervento chirurgico deve, inoltre, sempre essere seguito da un percorso di riabilitazione post-chirurgica, a fine di accelerare il ritorno alle attività quotidiane, sportive e lavorative precedentemente svolte e prevenire lo sviluppo di recidive.
Sebbene la chirurgia porti ad un recupero più rapido dalla sintomatologia caratteristica della lombosciatalgia rispetto al trattamento conservativo, i risultati a distanza di uno o due anni risultano essere simili. L’unico vantaggio dell’intervento chirurgico è quindi quello di ottenere una risoluzione rapida dei sintomi, ma è pur sempre un intervento con numerosi rischi associati che, se possibile per le condizioni della patologia, sarebbe meglio evitare.
MESSAGGIO
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