L’infiammazione della cuffia dei rotatori è una patologia molto comune che interessa la spalla e particolarmente invalidante per i pazienti poiché, in molti casi, porta ad una necessaria interruzione delle diverse attività, proprio a causa dei suoi sintomi. Interessa maggiormente i soggetti di mezza età o coloro che svolgono specifici sport e mestieri che coinvolgono particolarmente tale articolazione. È causata da un utilizzo eccessivo e ripetitivo della spalla che, nel tempo, porta a microlesioni e alla sintomatologia tipica. I pazienti lamentano dolore alla spalla, limitazione di alcuni movimenti e possibili debolezza muscolare o dolore notturno. Il trattamento è generalmente di tipo conservativo ed include la fisioterapia e l’esercizio terapeutico. Solo nei casi più gravi può essere consigliato un intervento chirurgico.
Anatomia
La cuffia dei rotatori è una delle più grandi strutture tendinee del corpo e svolge un ruolo fondamentale nel fornire movimento e, soprattutto, stabilità all'articolazione della spalla. È costituita da quattro muscoli e dai loro rispettivi tendini:
- Sovraspinoso
- Sottospinoso
- Piccolo rotondo
- Sottoscapolare
Questi muscoli hanno origine dalla scapola e si inseriscono nella testa dell’omero e i tendini, che si fondono con la capsula articolare, formano una sorta di “cuffia” intorno alla testa dell’omero coprendone la sua parte superiore, anteriore e posteriore.
Durante i diversi movimenti, i muscoli si contraggono e, impedendo alla testa dell’omero di fuoriuscire dalla cavità glenoidea, forniscono stabilità alla spalla garantendo una gamma completa di movimento. Inoltre al di sopra di tale struttura si trova la borsa subacromiale, che permette di evitare l’attrito di tali strutture con le ossa circostanti.
Epidemiologia
Il dolore alla spalla è una delle condizioni muscolo-scheletriche più comunemente osservate da fisioterapisti e medici nella loro pratica clinica (preceduto solo dal mal di schiena e dal dolore cervicale) e, in particolare, le patologie che interessano i tendini rappresentano la maggior parte dei disturbi legati a questa articolazione. In tale categoria rientra l’infiammazione della cuffia dei rotatori: questa è una condizione molto comune che colpisce circa il 30-50% della popolazione generale di età superiore ai 50 anni. All’aumentare dell’età, aumentano anche i tassi di incidenza e di prevalenza. L’infiammazione della cuffia dei rotatori è riscontrata più frequentemente nelle donne rispetto agli uomini ed è osservata soprattutto in soggetti che svolgono determinate tipologie di lavori o sport che richiedono movimenti ripetitivi della spalla, sollevamento di carichi pesanti o l’utilizzo eccessivo dell’arto al di sopra della testa (ad esempio, parrucchieri, macellai, tennisti, lanciatori, pallavolisti, nuotatori, ecc.). Inoltre, è molto comune nei pazienti che soffrono di questa condizione osservare una cronicizzazione della sintomatologia o una recidiva a distanza di tempo.
Eziologia
Attualmente, non vi è ancora un accordo unanime nella letteratura scientifica su quali siano le cause specifiche che portino allo sviluppo dell’infiammazione della cuffia dei rotatori. In generale, si ipotizza che questa sia causata da un uso eccessivo e ripetitivo dell’articolazione della spalla durante le diverse attività che porta ad un sovraccarico e/o a microlesioni dei tendini coinvolti, dando origine alla sintomatologia caratteristica dell’infiammazione. Le principali teorie sull’eziopatogenesi di tale condizione, ipotizzano un importante coinvolgimento in questo processo di due distinte tipologie di fattori:
- Fattori intrinseci: sono quelli legati a caratteristiche personali del soggetto che possono causare una degenerazione dei tendini quali, ad esempio, l’età, la genetica, cambiamenti vascolari o infiammatori.
- Fattori estrinseci: sono, invece, caratteristiche dell’ambiente esterno al soggetto. Questa categoria include specifici sport o attività lavorative (come tennis, nuoto ecc.) che richiedono un uso ripetitivo ed eccessivo dell’articolazione.
L’infiammazione della cuffia dei rotatori è definita una patologia multifattoriale poiché i diversi fattori appena descritti, in interazione tra loro, portano allo sviluppo della condizione.
Nel corso di diversi anni, numerosi studiosi hanno posto particolare attenzione all’utilizzo della terminologia corretta da utilizzare quando ci si riferisce a tali condizioni. Infatti, si è osservato che il termine “tendinite” utilizzato per indicare l’infiammazione dei tendini della cuffia dei rotatori, non fosse adeguato poiché ci sono prove che in questa patologia non vi è un processo infiammatorio. Dai numerosi studi istopatologici è emerso un numero minimo di cellule infiammatorie ed è stato ipotizzato che tale processo potesse essere presente solo in una primissima fase iniziale della patologia. Il termine più adeguato da utilizzare quando si fa riferimento ad una degenerazione del tendine è, quindi, “tendinopatia”.
Fattori di rischio
Come precedentemente affermato, è possibile individuare alcuni fattori, definiti fattori di rischio, che se presenti nel soggetto possono aumentare le probabilità di sviluppare l’infiammazione della cuffia dei rotatori. In generale, tra quelli maggiormente osservati in questi pazienti, possiamo indicare:
- Età
- Debolezza muscolare
- Squilibrio muscolare
- Lassità articolare
- Lavori o sport specifici
- Trauma
- Biologia alterata
- Genetica
- Fumo
Caratteristiche e Sintomi
L’infiammazione della cuffia dei rotatori presenta alcuni segni e sintomi, osservati durante un’attenta valutazione iniziale o lamentati dal paziente in sede di prima visita, che permettono al professionista di individuare la condizione e quindi indicare rapidamente il trattamento più adeguato da seguire.
Il sintomo caratteristico e più comune è il dolore alla spalla. Questo ha un esordio insidioso, aumenta gradualmente nel tempo ed è aggravato da attività quotidiane, sportive e lavorative che prevedono carichi o richiedono di portare il braccio sopra la testa (ad esempio prendere qualcosa da uno scaffale, sollevare carichi con le braccia, posizioni mantenute con gli arti superiori, ecc.), con possibile irradiazione lungo il braccio. I movimenti attivi e resistiti possono essere parzialmente limitati, mentre i movimenti passivi rimangono completi anche se, a volte, associati a dolore.
In alcuni pazienti potrebbero presentarsi anche altri sintomi come ridotta forza della spalla, crepitio e, nei casi più gravi o nelle fasi più avanzate della condizione, potrebbero riferire dolore notturno.
In generale, l’infiammazione della cuffia dei rotatori può portare a elevati livelli di disabilità poiché il paziente spesso ha importanti limitazioni nello svolgimento anche di semplici attività della vita quotidiana. Infatti, a volte, proprio a causa della sintomatologia invalidante i soggetti sono costretti a sospendere alcune attività sportive o lavorative poiché riproducono o acutizzano il dolore, con un impatto negativo sulla qualità di vita generale.
Infine, da non sottovalutare, sono i fattori psicologici: questi giocano un ruolo fondamentale non solo nella percezione del dolore e nel mantenimento dei sintomi ma anche nella riuscita del percorso di riabilitazione. Spesso, infatti, la presenza di ansia, catastrofizzazione del dolore, depressione e paura del movimento sono correlati a:
- Maggiore disabilità
- Livelli più elevati di dolore
- Prognosi peggiore
- Recupero più lento o incompleto
- Episodi ricorrenti
- Cronicizzazione del dolore alla spalla
Diagnosi differenziale
Alcuni sintomi lamentati dai pazienti con infiammazione della cuffia dei rotatori (come ad esempio il dolore di spalla o la limitazione) non sono caratteristiche esclusive dell’infiammazione della cuffia dei rotatori, ma sono condivise anche da altre patologie che interessano l’arto superiore. Un’attenta valutazione e specifici test eseguiti dal professionista durante la prima visita, permettono di distinguere le diverse condizioni, tra cui:
- Lussazione della spalla
- Lesione del cercine glenoideo
- Spalla congelata
- Sindrome di Parsonage Turner
- Conflitto subacromiale
- Lussazione acromion claveare
- Calcificazione alla spalla
- Borsite della spalla
- Instabilità multidirezionale
- Tendinite calcifica
- Capsulite adesiva
Imaging
La diagnosi di infiammazione della cuffia dei rotatori è principalmente clinica, ottenuta dall’anamnesi del paziente (cioè i dati raccolti dalla prima valutazione circa le caratteristiche specifiche del soggetto) e dalle informazioni dell’esame obiettivo. I diversi esami strumentali utilizzati in presenza di tale patologia possono essere utili per escludere altre condizioni o confermare la propria ipotesi diagnostica. Tra i principali troviamo:
- Radiografia: indicata per escludere diverse patologie, come ad esempio una frattura dell’omero prossimale. Questa è la più utilizzata in presenza di problematiche di spalla.
- Ecografia: può essere uno strumento utile quando si sospetta una lesione della cuffia dei rotatori.
- Risonanza magnetica: permette di osservare approfonditamente lo stato dei tessuti molli (tendini, cartilagine ecc.) per escludere alcune condizioni o per fare diagnosi differenziale. Inoltre consente di distinguere le lesioni parziali dei tendini rispetto a quelle a tutto spessore.
È necessario specificare che alcune condizioni patologiche, come ad esempio una lesione o degenerazione dei tendini, molto spesso sono osservate anche nei soggetti asintomatici, che non presentano alcun sintomo di dolore alla spalla. Questo può indicarci che condizioni come una degenerazione tendinea, dovute ad esempio al normale processo di invecchiamento fisiologico, anche se osservate attraverso tecniche di imaging, potrebbero non essere la causa del dolore del nostro paziente. Per questi motivi, i risultati ottenuti dalla radiografia o dalla risonanza magnetica devono essere sempre integrati con l’esame clinico obiettivo svolto dal professionista per comprendere meglio l’origine del dolore.
Trattamento
La gestione del trattamento per l’infiammazione della cuffia dei rotatori ha diversi obiettivi, come alleviare il dolore alla spalla, ripristinare il completo movimento dell’arto superiore e recuperare la piena funzionalità dell’articolazione. Nella maggior parte dei casi, il trattamento di tipo conservativo (non chirurgico) è la tipologia più indicata poiché permette un recupero completo. Questo deve essere intrapreso nel minor tempo possibile per ottenere risultati ottimali ed è personalizzato per ogni paziente in base all’età, alla gravità della condizione e alle esigenze funzionali del soggetto. Innanzitutto, è fondamentale iniziare con l’educazione del paziente, necessaria per illustrare le condizioni, le modalità e i tempi di recupero (generalmente da uno a tre mesi). Il fisioterapista può consigliare anche una modifica delle attività che riproducono o esacerbano i sintomi e porrà particolare attenzione sull’importanza di una partecipazione attiva e costante del paziente all’intero percorso di riabilitazione. Un’adeguata compliance al trattamento è indispensabile per il recupero completo ed evitare eventuali recidive o cronicizzazioni della condizione.
I farmaci, come i FANS, se prescritti dal medico possono aiutare nella gestione del dolore nelle prime fasi.
Il punto cardine del trattamento conservativo è la fisioterapia. Attraverso la terapia manuale (che include mobilizzazioni e tecniche miofasciali), si aiuta il paziente a gestire la sintomatologia dolorosa e recuperare la mobilità dell’arto superiore. Questa include, ovviamente, anche l’esercizio terapeutico: per permettere al tendine di guarire e recuperare pienamente la propria funzionalità è necessario che questo venga caricato gradualmente e sollecitato al miglioramento in modo specifico. Infatti gli esercizi, indispensabili anche per il rinforzo muscolare, saranno personalizzati dal fisioterapista sulla base di specifiche caratteristiche del paziente e verranno svolti inizialmente sotto la stretta supervisione del professionista per seguire, successivamente, in autonomia il programma formulato su misura. Inoltre le onde d’urto possono essere inserite all’interno del percorso di trattamento per migliorare la sintomatologia, sempre in associazione alle tecniche sopra descritte.
Come già accennato in precedenza un ruolo molto importante è svolto da diversi fattori psicosociali individuali come uno stile di coping passivo, la paura del movimento, l’ansia, la depressione, la catastrofizzazione del dolore e il disagio psicologico generale: questi influenzano l’intero percorso di recupero agendo sul rischio di recidive e di cronicità dei sintomi (come avviane anche nella lombalgia e nella cervicalgia).
In casi di condizioni particolarmente gravi o qualora il trattamento conservativo non abbia apportato benefici ai sintomi del paziente dopo un periodo di 6 mesi, potrebbe essere indicato un intervento chirurgico, per permettere la riduzione del dolore e il successivo recupero della funzionalità. A questo deve essere sempre associato un percorso di riabilitazione port-chirurgica personalizzato in base a diversi fattori personali dei pazienti.
MESSAGGIO
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